Cari Fratelli in Dio o Tu che per curiosità o altro sei qui prima di iniziare dobbiamo chiederci….

 

Che cos’è la Bibbia?

open bible 13339 279748La Bibbia non è un libro scritto “come un romanzo” ma una raccolta di libri scritti in un periodo di più di 1000 mille anni, che raccontano il rapporto di Dio con l’umanità, e soprattutto con il suo popolo.

E’ anche la RACCOLTA DI LIBRI più “contestata” e spesso  “interpretata” considerata ispirata da Dio e quindi autorevole dai Cristiani e in parte, dei Giudei. Sempre di più la considerano solo un libro UMANO che non ha nulla a che fare con Dio.

Il nome di Bibbia viene dal plurale neutro greco βιβλία “i libri” (per eccellenza); il latino volgare, adottato quel nome, ne fece, al solito, un femminile singolare, e con questa forma passò alle lingue moderne. Bibbia designa dunque il complesso dei libri

Ad un certo punto della storia si decise di dividere la “Bibbia” in Vecchio Testamento e Nuovo Testamento, testaménto s. m. [dal lat. testamentum, der. di testari: v. testare]. documento con cui una persona, dotata di piena capacità, esprime la propria volontà, nella religione il suo significato Nella Vulgata è il termine (lat. testamentum, che rende il gr. διαϑκη, traduz. di bĕrīt del testo ebraico) è frequente col sign. di patto, promessa, alleanza; donde, in partic., il patto tra Dio e il suo popolo, e il documento che attesta tale patto.

Quindi su questa “analogia” Venne divisa n due parti: il Vecchio Testamento (che sono le Scritture secondo i Giudei) e contiene gli scritti fino al 400 a.C. all’incirca, e poi il Nuovo Testamento (riconosciuto ispirato solo dai Cristiani) che è stato scritto nel primo secondo d.C. e contiene i 4 Vangeli della vita di Gesù, la storia della chiesa fino al 60 d.C. (gli Atti degli Apostoli), e 22 lettere scritte a varie chiese e persone da Paolo, Pietro, Giovanni ed altri.

Ma di fatto non esiste un Vecchio Testamento o Nuovo Testamento. Questa è un errore che ha portato il popolo dei Cristiani a Ignorare o Sottovalutare le scritture “definite vecchio testamento” considerandole non più loro riguardanti se non in parte.

Ma di fatto la “regola di Dio” è una sola, solo se si comprende che LA BIBBIA è una raccolta di libri che hanno ognuno una loro funzione e motivo di essere. Se non si comprende che vanno visti e collocati nel loro spazio e tempo e nella loro funzione e in tale ambito alcuni hanno Valore di Legge o Regola o Istruzione per Noi, altri sono stati “migliorati” da Cristo o Portati a Compimento… Ma Tutti sono sempre la parola di Dio e se sono stati Scritti e Arrivati fono ad oggi hanno una importanza fondamentale che Dio gli ha attribuito.

QUINDI PER PRIMA COSA DOBBIAMO CONOSCERE COSA SONO QUESTI LIBRI, POI SOLO IN SEGUITO POTREMO USARLI PER LA NOSTRA FEDE.  

 

1. Definizioni

 

La parola Bibbia viene dalla parola greca biblos, che vuol dire libro. Usata come titolo, significa Il Libro, così chiamata per il modo in cui era usata dai credenti quando la Bibbia fu completata. Anche i titoli Antico Testamento (detto anche Vecchio Testamento) e Nuovo Testamento sono stati introdotti dopo che la Bibbia fu completata. I libri contenuti nella seconda sezione contengono un nuovo patto che Dio ha fatto con gli uomini, mentre quelli nella prima contengono il primo patto che fece. Infatti la parola per patto era tradotta testamentum, e a causa di questa parola, in un periodo in cui la Bibbia in latino era la più letta in Europa, il titolo Testamento è stato usato per le due sezioni.

Il titolo Scritture, a volte con il prefisso Sante, è un titolo che il Nuovo Testamento usa per i libri dell’Antico Testamento. In 2Pietro 3:16 è anche usato implicitamente per le epistole di Paolo, e così era usato come titolo per tutta la Bibbia. La parola significa scritti, e in questo senso primario poteva essere usata per qualsiasi scritto; ma come l’espressione Il libro era usata per un libro particolare, cioè la Bibbia, così l’espressione Le Scritture era usata per gli scritti nella Bibbia. Quando il titolo Sante è aggiunto, la Bibbia è ulteriormente differenziata dagli altri scritti.

Gli apostoli Paolo e Pietro usano il titolo “oracoli di Dio” per i libri dell’Antico Testamento, e Stefano li chiama “oracoli di vita” Romani 3:2; Ebrei 5:12; 1Pietro 4:11; Atti 7:38. Oracoli significa affermazioni di Dio; e questi libri erano così chiamati perché contengono affermazioni di Dio tramite degli uomini ispirati. Sono chiamati oracoli di vita a causa della loro potenza, in confronto con l’impotenza degli oracoli pagani. Ma se i libri dell’Antico Testamento sono degni di questo titolo, quanto più quelli del Nuovo Testamento; di conseguenza, Papia, uno scrittore cristiano del secondo secolo, usa il termine per il Vangelo secondo Matteo, dicendo, “Matteo scrisse gli oracoli”. Ciò è vero soprattutto di Matteo, perché più della metà del suo libro è composto da discorsi di Gesù. È giusto quindi parlare dell’intera Bibbia come “gli oracoli di Dio” o “gli oracoli di vita”.

 

2. Le divisioni dell’Antico Testamento

Quasi tutti sanno che la Bibbia non è un libro unico, ma che è composta da diversi libri, che sono diversi fra loro per quanto riguarda il tema e tipo di letteratura. Alcuni sono libri di storia, alcuni di profezia, alcuni di precetti o dottrina, e alcuni di poesia. Sono anche diversi per quanto riguardo il periodo in cui furono scritti, e lo scopo che ebbero. Per leggerli in modo intelligente, è necessario notare queste differenze.

I primi cinque libri (il lettore dovrebbe memorizzare i loro nomi se non l’ha già fatto) sono di solito raggruppati con il titolo Pentateuco, una parola greca che significa quintuple. Una classificazione diversa include in un gruppo i primi sei libri. Questo gruppo, da Genesi a Giosuè, è chiamato di solito l’Esateuco.

Poi abbiamo dodici libri storici, che contengono una storia continua di Israele dalla morte di Mosè fino al ritorno dopo la cattività babilonese. Il lettore dovrebbe memorizzare anche i loro nomi. Due dei libri, Primo o Secondo Cronache, ripetono grandi porzioni della storia data in altri libri, ma forniscono anche molte informazioni addizionali.

Alla metà della nostra Bibbia, dopo i libri appena menzionati, troviamo cinque libri, per lo più poesia (memorizza i loro nomi), che sono messi in un ordine che non è cronologico. Nella classificazione da parte del nostro Signore dell’antico Testamento come “la legge, i profeti e i salmi” Luca 24:44, sono inclusi nell’ultima sezione, perché il libro dei Salmi era il più conosciuto dei cinque. Adesso è normale per gli studiosi includere Giobbe, Proverbi e Ecclesiaste sotto il titolo Letteratura di sapienza, a motivo dell’importanza dei temi di sapienza e di follia in questi libri. Questi cinque libri sono raggruppati a causa dei temi e della forma di letteratura comuni, che li distinguono dagli altri libri. Bisogna notare che la disposizione dei libri della Bibbia è l’opera di redattori non ispirati e non degli autori ispirati.

L’ultima divisione è composta da 17 libri chiamati libri profeti (memorizza i loro nomi). Questi, come la divisione precedente, sono raggruppati insieme per lo stile comune. Alcuni furono scritti dopo l’esilio babilonese, altri molto tempo dopo. L’ordine biblico non è l’ordine in cui furono scritti. Ma quasi tutti indicano nei primi versetti il periodo in cui fu scritto dando i nomi dei re sotto cui l’autore visse e profetizzò.

Questa classificazione dei libri dell’Antico Testamento, se ricordata (come devono fare tutti quelli che vogliono essere competenti nello studio delle Scritture), aiuterà lo studente a trovare sempre facilmente la parte che vuole leggere, che sia legge, storia, poesia o profezia. Ogni sezione ha il suo proprio valore per l’istruzione e l’edificazione; nessuna parte andrebbe trascurata.

3. Il testo originale e la sua preservazione

I libri dell’Antico Testamento furono tutti scritti, con alcune eccezioni non molto importanti che saranno menzionate qui sotto, nella lingua ebraica, che era la lingua natia della nazione ebraica. Siccome i primi libri furono scritti più di 3000 anni, e i più recenti più di 2000 anni fa, è giusto chiederci se possiamo essere sicuri che i libri che abbiamo adesso sono uguali alla raccolta originaria dei libri, e se contengono le stesse parole. Ci vorrebbe un articolo lungo quanto questo per dare una risposta completa a queste domande, ma possiamo dare i fatti principali in poche righe.

Durante il periodo dalla scrittura dei libri fino all’invenzione della stampa, tutte le copie furono fatte a mano, ed è impossibile copiare dei libri in questo modo senza alcuni sbagli. Questi errori capitano soprattutto nell’ortografia delle parole, e nell’inserzione e l’omissione di parole non essenziali al significato di una frase, ma ce ne sono che cambiano il senso, e che a volte introducono contraddizioni tra un libro e un altro, oppure tra due parti del libro stesso. Questo è il caso soprattutto con nomi e numeri, in cui il copista non aveva una sequenza progressiva di idee per guidarlo. Ciò spiega le differenze in alcuni numeri che un lettore attento può osservare fra certi brani nelle Cronache e i brani corrispondenti nei libri di Samuele e dei Re.

Questo processo continuò, fino a quando gli studiosi giudei si resero conto degli errori dei copisti, e alcuni di loro crearono delle regole rigorose per prevenire tali errori nel futuro. Contarono il numero di parole in ogni sezione di ogni libro, e segnalarono la parola alla metà di ogni sezione. Ogni copista doveva, quando ebbe copiato la metà delle parole, contare le parole per far sì di avere il numero giusto. In quel caso, era probabile che non ne aveva omessa o inserita una. Se il numero non era giusto, la parte scritta veniva buttata via e una copia nuova fatta. Queste regole furono adottate nel secondo secolo dopo Cristo, e da allora in poi nessun errore importante fu introdotto nelle Scritture ebraiche. Quando la stampa fu inventata nel 1448, e l’Antico Testamento fu stampato nel 1477, non ci furono più delle copie fatte a mano, né sbagli di trasmissione; perché tutte le copie di un libro stampato sono esattamente uguali.

La questione se uno dei libri originali fosse stato perso, o altri aggiunti, è risolta dal fatto che una traduzione greca dell’Antico Testamento fu fatta, iniziando nel 280 a.C., che esiste ancora, e che contiene gli stessi libri. Non c’è dubbio quindi che l’Antico Testamento che abbiamo adesso è essenzialmente uguale a come era quando i libri furono scritti.

 

4. Sommario del Pentateuco

1. Genesi

È interessante che molti dei titoli dei libri ebraici sono parole greche. Questo è perché gli ebrei antichi non davano titoli ai loro libri, ma quando furono tradotti in greco, i traduttori, secondo il costume della lingua, diedero ad essi dei titoli. Il titolo Genesi (creazione) fu dato al primo libro, perché inizia con un racconto della creazione.

Iniziando con un breve racconto della creazione, la prima parte di questo libro parla di pochi eventi nella storia dell’umanità fino alla nascita di Abraamo. Questa sezione include i primi 11 capitoli. Gli eventi che racconta hanno a che fare principalmente con la sempre maggiore malvagità dell’umanità, che fu la causa della distruzione di tutti, tranne la famiglia di Noè, da parte di Dio in un diluvio. Dopo il racconto del diluvio c’è un racconto molto breve della crescita e diffusione dei discendenti di Noè, e della loro dispersione come nazioni diverse tramite la confusione delle lingue. Durante questo breve racconto, troviamo due genealogie – quella di Noè, che va fino ad Adamo, e quella di Abraamo, che va fino a Noè; così sappiamo gli antenati di Abraamo fino ad Adamo. Alla fine del capitolo 11 la narrativa cambia da una storia generale dell’uomo, ad una biografia di un unico uomo. Questa biografia di un uomo, che visse per 175 anni, occupa più del 50% dello spazio che tutta la storia precedente dell’umanità. Scopriamo quindi che il tema principale dell’autore è il suo racconto di Abraamo, e che la parte precedente era principalmente un’introduzione a questo.

La storia di Abraamo contiene molte cose interessanti e edificanti; va studiata collegandola con i molti riferimenti ad essa nel Nuovo Testamento, che sono indicati in qualsiasi Bibbia di studio. Ma l’interesse principale dell’autore di Genesi sono certe promesse fattegli da Dio. Una era che Dio avrebbe dato a lui e alla sua discendenza la terra di Canaan, in cui a quel tempo abitava come straniero; un’altra era che la sua discendenza sarebbe stata numerosa quanto le stelle del cielo o la sabbia della spiaggia; un’altra che in lui e nella sua discendenza tutte le nazioni della terra sarebbero state benedette. Collegato alla seconda promessa era il comando di circoncidere tutti i maschi nati nella sua casa, o comprati con il suo denaro, e Dio gli disse che questo ordine andava osservato dalla sua discendenza per sempre. Questo rito serviva per distinguere la sua discendenza dagli altri popoli, affinché si vedesse nelle generazioni future che le promesse di Dio si erano adempiute. Queste promesse guardavano in avanti, e l’autore pensava ad esse mentre scriveva il resto di questo e gli altri libri del Pentateuco.

Riguardo alla prima di queste promesse, Dio disse ad Abraamo che prima che la sua discendenza avrebbe posseduto il paese promesso, sarebbe stata in schiavitù in un paese straniero per 400 anni, ma che sarebbe uscita come una grande nazione, per poi prendere possesso di Canaan. Il resto del libro racconta i diversi avvenimenti della vita dei suoi discendenti, molti di cui molto interessanti, fino a quando suo nipote, con una famiglia di 86 discendenti, viene portato da una serie di eventi provvidenziali in Egitto, dove abitò in preparazione per l’adempimento della profezia menzionata. Il libro chiude con la morte di Giuseppe, l’undicesimo figlio di Giacobbe, tramite cui la famiglia era stata portata in Egitto, e che morendo parlò del ritorno promesso in Canaan, e incaricò la sua famiglia di portare le sue ossa con loro per una sepoltura in quel paese.

Uno sguardo indietro mostrerà adesso al lettore che lo scopo principale dell’autore della Genesi era di raccontare la storia della famiglia di Abraamo fino all’emigrazione in Egitto; il racconto precedente della storia del mondo intero era preparatorio a questo; e tutto ciò era preparatorio ad un racconto futuro dell’adempimento delle profezie e promesse fatte ad Abraamo.

Troviamo che l’autore racconta in questo libro breve quasi 2500 anni della storia del mondo; eppure il libro, se stampato da solo, sarebbe solo un piccolo libretto.

2. Esodo

Questo libro si chiama Esodo (uscita) perché un evento prominente è la partita di Israele dall’Egitto. Il nome, come Genesi, è greco. Il libro è diviso in tre parti diverse. La prima racconta come gli Ebrei, che erano stati accolti dal re d’Egitto, furono assoggettati come schiavi, e poi come, sotto la leadership di Mosè, furono liberati dopo aver abitato in Egitto per 430 anni. Quasi tutto il mondo di allora era caduto nell’idolatria, e il metodo scelto da Dio per la liberazione Israele aveva lo scopo di farsi conoscere di nuovo dagli Egiziani e dalle altre nazioni; in questo modo anche il suo popolo l’avrebbe conosciuto molto meglio. Mosè era il primo missionario dei pagani. La seconda parte del libro mostra il modo meraviglioso in cui Dio sostenne il popolo nel deserto, come lo guidò al monte Sinai, come entrò in quel luogo in un patto con loro, e diede loro delle leggi, civili e religiose, per governarli come nazione. La terza parte descrive un tabernacolo, o luogo di adorazione, che fece costruire loro, e che poteva essere facilmente trasportato con loro in tutti i loro viaggi. Con questi eventi fu adempiuta la promessa ad Abraamo, “Io giudicherò la nazione di cui saranno stati servi e, dopo questo, se ne partiranno con grandi ricchezze” (Genesi 15:14); l’adempimento delle diverse promesse ad Abraamo sono il filo conduttore che percorre tutta la storia del suo popolo.

3. Levitico

Questo libro contiene un codice di leggi, che regolavano i sacrifici e purificazioni che facevano parte dell’adorazione al santuario, con alcuni precetti etici per coltivare santità e giustizia fra il popolo. Siccome questi riti erano amministrati dai sacerdoti, i figli di Aaronne ed altri Leviti, il libro fu chiamato dai traduttori greci, Levitico.

4. Numeri

Questo nome è stato dato perché racconta due volte l’enumerazione di Israele, come comandato da Dio – la prima volta vicino all’inizio del libro, la seconda volta verso la fine. Il libro narra i viaggi ed altre esperienze di Israele, durante il periodo di circa 38 anni in cui girarono dal monte Sinai fino alla riva orientale del fiume Giordano, da cui entrarono finalmente in Canaan. Molte delle loro esperienze furono molto eccitanti, rendendo il libro molto interessante. Durante questi eventi, molte nuove leggi furono promulgate. Dio le aveva riservate per darle con gli eventi che le richiedevano. Fu un periodo di disciplina divina, durante cui tutta la generazione di adulti che attraversarono il mar Rosso (tranne due) perì, e una nuova generazione fu insegnata e formata dal Signore. Ci si poteva aspettare che questa avrebbe servito Dio nella loro nuova casa più fedelmente che i loro padri. Addirittura Mosè e Aaronne morirono nel deserto. Dio allora, secondo la promessa ad Abraamo, li aveva liberati dalla loro schiavitù in Egitto e giudicato quella nazione.

5. Deuteronomio

Questo nome la seconda legge. Fu dato perché i traduttori greci trovarono in esso una ripetizione di alcune leggi già date, e la promulgazione di alcune nuove leggi. La parte principale del libro è composta da tre discorsi di Mosè nella pianura di Moab di fronte a Gerico, iniziando dal primo giorno dell’undicesimo mese del quarantesimo anno, cioè due mesi prima della fine dei quaranta anni dall’uscita dall’Egitto (Deuteronomio 1:3). Il primo discorso, in Deuteronomio 1:6-4:40, potrebbe essere chiamato un sermone storico, perché narra tutti gli eventi principali dei precedenti 40 anni, con lezioni pratiche e esortazioni tratte da essi. È un ottimo esemplare di quel genere di predicazione, e dovrebbe essere studiato come tale dai predicatori odierni.

Il discorso è seguito da una breve spiegazione delle città di rifugio all’est del Giordano, e questo dà un’introduzione al secondo discorso. Questo secondo discorso va dal quinto al ventisettesimo capitolo. Nel discorso Mosè ripeta molte delle leggi che erano state date negli anni nel deserto, partendo dai 10 comandamenti, aggiunge alcuni nuovi statuti, e calorosamente esorta il popolo ad osservarli tutti e insegnarli diligentemente ai loro figli. In questo discorso, più che in qualsiasi altra parte del Pentateuco, c’è un costante appello ad amare Dio come la primaria motivazione per l’ubbidienza, e questa ragione di amore è vista nella continua bontà di Dio verso Israele.

Il terzo discorso, che inizia al ventisettesimo capitolo e si conclude con il trentesimo, è profetico. Proclama un elenco lungo e spaventoso di maledizioni che sarebbero cadute sul popolo se avrebbe lasciato il servizio di Yahweh, e delle benedizioni se sarebbe stato fedele a lui. Gli ultimi quattro capitoli parlano dell’annuncio imminente di Mosè e di come Giosuè fu incaricato come suo successore, descrivono come Mosè chiese ai Leviti di scrivere e preservare la legge, contengono due poemi, raccontano la morte di Mosè, e hanno alcuni commenti da uno scrittore posteriore alla sua vita.

Questi discorsi e poemi, come l’esortazione che conclude una lunga predica, porta il Pentateuco ad una conclusione adatta, perché raccolgono e portano al cuore del lettore tutta la potenza morale della storia da Adamo fino a Mosè, esaltando il nome di Yahweh e riempiendo i cuori del suo popolo con gratitudine. Era così soprattutto con gli Israeliti, che avevano visto nel passato la rivelazione dei propositi di Dio verso di loro come aveva dichiarato nelle sue promesse al loro antenato Abraamo. Quando Mosè li lasciò, non avevano niente tranne il fiume Giordano fra loro e la terra promessa a cui Dio, dopo molti secoli, li portò in adempimento della sua parola. L’insegnamento di quell’adempimento costituisce l’unità del Pentateuco.

Il periodo raccontato dal Pentateuco, secondo le cifre nelle sue pagine, è 2760 anni. Questo è quasi il doppio del periodo racconto da tutto il resto della Bibbia.

5. La storia di Israele dalla morte di Mosè a quella di Davide

Mentre i 12 libri storici che seguono il Pentateuco ci danno, come abbiamo detto in un capitolo precedente, una storia quasi continua fino alla fine del periodo dell’Antico Testamento, lo studio di questo periodo è facilitato considerandolo in diversi periodi in cui si divide in modo naturale. Scegliamo prima di tutto la divisione nominata nel titolo di questo capitolo, che spiegheremo dando una sintesi dei libri in cui la storia è trovata.

1. Giosuè

Questo libro è così chiamato non perché Giosuè lo scrisse, benché sia possibile, ma perché lui ne è il protagonista.

Il libro è diviso in tre parti. La prima inizia dove il Pentateuco ha finito con Israele sulla riva orientale del Giordano, e descrive il loro passaggio meraviglioso del fiume, e la sua conquista con due campagne militari del paese di Canaan, con l’eccezione di alcuni altri popoli. Questi furono così indeboliti che non potevano impedire agli Ebrei di stabilirsi nel paese. Ciò portò all’adempimento definitivo della promessa ad Abraamo che Dio gli avrebbe dato il paese come eredità per la sua discendenza. Questa parte include i primi 12 capitoli.

La seconda parte, dal capitolo 13 al 22, dà la posizione delle diverse tribù, in modo particolare nominando le città nel loro territorio. Si può considerare questi capitoli la geografia biblica della Palestina. Lo studente adesso dovrebbe prendere una buona cartina e imparare la posizione di ogni tribù, e di tutte le città principali, le montagne, le pianure, i laghi e i fiumi.

La parte finale, composta dai ventitreesimo e ventiquattresimo capitoli, è composta da due discorsi di addio da parte di Giosuè, uno agli ufficiali principali di Israele, l’altro ad un’assemblea di tutto il popolo, e da un breve racconto dalla morte e della sepoltura di Giosuè e di Eleazar il sacerdote. Accenna anche alla sepoltura delle ossa di Giuseppe, che erano stati portati dall’Egitto. Israele allora fu stabilito come nazione nella terra promessa, e le promesse che riguardano la terra che erano state fatte ad Abraamo e ripetute ad Isacco e Giacobbe erano adempiute.

2. Giudici

Questo libro apre con un racconto delle azioni separate delle diverse tribù che spingeva fuori i Cananei che erano rimasti nel loro territorio dopo la morte di Giosuè, benché contenga anche la ripetizione di una conquista dalla tribù di Giuda fatta prima della morte di Giosuè. Poi, in un tipo di prefazione, l’autore nei prossimi due capitoli narra le continue apostasie e liberazioni che formano la storia del resto del libro. Questi due capitoli possono essere chiamati Parte 1. Poi segue la Parte 2, i capitoli dal 3 al 16, in cui a volte una tribù e a volte molte tribù caddero in idolatria, furono assoggettate e molto bersagliati dai loro nemici, fino a quando si ravvidero e gridarono a Dio. Poi furono liberate sotto la leadership di un giudice suscitato dal Signore per quello scopo. Rimasero nella paura di Dio fino a quando il giudice morì, dopodiché gli stessi eventi si ripeterono fino alla dodicesima volta. Non c’era un governo centrale; ma quando un tale governo era necessario, giudici furono provvidenzialmente suscitati e i racconti che abbiamo di essi qui, diedero il nome Giudici a questo libro.

La terza parte del libro, i capitoli da 17 al 21, danno due eventi che l’autore non aveva scritto prima per non interrompere il discorso principale del libro. Il primo mostra come un’adorazione idolatra fu stabilita a Dan, e ci continuò per diversi secoli. L’altro spiega come l’intera nazione venne insieme per punire un gran reato, quando la città e la tribù che la conteneva rifiutarono di punirlo.

Lo scopo generale del libro dei Giudici è di mostrare il funzionamento delle leggi civili e religiose durante i primi tre o quattro secoli delle esperienze di Israele. Ci fu un fallimento relativo, come è vero di tutte le nazioni sia antiche sia moderne; ma sotto questa disciplina divina molti uomini e donne virtuosi furono sviluppati.

3. Rut

Gli eventi romantici di questo bel racconto si svolsero durante il governo dei giudici in Israele Rut 1:1, e uno dei suoi scopi, l’unico che appare fino a quando l’ultimo paragrafo ne rivela un altro, è di presentare una descrizione migliore della vita sotto i giudici di quella che troviamo nel libro dei Giudici. Lo fa in modo molto incantevole. Ma alla conclusione del libro comprendiamo che il libro voleva anche dimostrare che una donna moabita divenne un antenata di Davide, e spiegare le circostanze interessanti per cui era successo. Non poteva essere scritto prima del regno di Davide, perché era il regno di Davide che creò interesse per la sua genealogia.

4. 1 Samuele

Questo libro inizia con l’ultimo dei giudici e conclude con la morte del primo re. Contiene quindi il racconto del cambiamento nella forma del governo, mostra come la degenerazione politica e religiosa, che accadeva verso la fine del regno dei giudici, arrivò fino al suo punto più basso: la corruzione morale del sacerdozio. A questo punto il popolo aborrì i sacrifici di Geova a causa della malvagità dei sacerdoti che li offrivano. Mostra anche che la degradazione politica raggiunse il suo punto più basso con la degradazione religiosa, e che poi l’arca del patto, che era il simbolo della presenza di Dio con Israele, fu catturata e portata via dai loro nemici, i Filistei. Questo introdusse un’irregolarità nell’adorazione da parte di quelli che continuarono a servire Dio, e portò ad una richiesta dal popolo per un re che li avrebbe governati. Questa richiesta fu trattata come un peccato del popolo, perché erano i loro peccati, e non un difetto nella forma di governo che Dio aveva dato loro, che aveva portato al fallimento. Tuttavia, Dio aveva previsto il risultato e aveva già provveduto, e di conseguenza diede loro un re, Saul il figlio di Chis. Nel frattempo il profeta Samuele aveva portato una grande riforma religiosa fra il popolo, e se Saul fosse stato un fedele servo di Dio, lo stato dell’intera nazione sarebbe stato migliore. Ma sebbene Saul fosse un guerriero valoroso, e vincesse molto battaglie, girò le spalle a Dio in molte cose, e la sua carriera finì con la sua morte sul campo di battaglia. Il suo regno si concluse, come pure il regno dei giudici, in una sconfitta che lasciò il popolo ancora una volta soggetto ai Filistei, illustrando il principio che la giustizia esalta una nazione, mentre il peccato è una disgrazia per ogni popolo. Questa è la lezione principale in questa parte della storia di Israele. Il libro dimostra anche come Dio preparò un altro uomo, Davide, per sostituire Saul e per regnare in modo più degno di lui. Racconta anche la vita del più grande profeta di Israele dai tempi di Mosè, perché Samuele era non solo un uomo molto buono, ma anche un ottimo leader, che con la guida di Dio scelse e unse tutti e due i re Saul e Davide, e fino alla sua morte, per cui tutta la nazione era in lutto, entrambi i re e tutto il popolo lo cercarono per consiglio in ogni crisi. Da quel periodo in poi gli uomini sollecitati per rappresentare Dio sono i profeti, come lo furono fino ad allora i giudici.

5. 2 Samuele

Nella Bibbia ebraica i due libri di Samuele sono uno solo, e la storia passa dal primo al secondo senza interruzione. La separazione fu fatta per dividere questo libro lungo, che forse non stava su un rotolo unico nell’antichità. Non sono chiamati Samuele perché Samuele li scrisse, ma perché era il protagonista negli eventi raccontati. Morì prima della fine del libro di 1Samuele. Il libro di 2Samuele apre con la salita di Davide al trono, prima della tribù di Giuda, e poi dopo una guerra di sette anni di tutto Israele. La storia allora raggiunge il punto in cui un’altra delle antiche promesse di Dio fu adempiuta, come era stato promesso a Giacobbe, “Una nazione, anzi una moltitudine di nazioni discenderà da te” Genesi 35:11; e Giuda fu indicato come il figlio di Giacobbe tramite cui questa promessa sarebbe stata adempiuta. Infatti nella profezia data a Giuda mentre Giacobbe stava per morire, disse, “Lo scettro non sarà rimosso da Giuda finché venga colui al quale esso appartiene” Genesi 49:10. In adempimento di questa promessa, Davide, un discendente di Giuda secondo la genealogia data nel libro di Rut, era il re, e la sua discendenza avrebbe regnato dopo di lui. Questo è lo scopo principale del libro. Dimostra anche, nella carriera di Davide, ancora più che in quella di Saul, che la prosperità aspetta un re mentre serve Dio, e l’avversità invece viene con la disubbidienza. Infatti questo libro, a partire dal momento in cui Davide prende il trono, si divide in due parti molte diverse, che possiamo chiamare ‘La prosperità del regno di Davide’ (capitoli 5-10) e ‘L’avversità di Davide (capitoli 12-24). Le due sezioni sono separate dal grande peccato che è stato associato con Davide dal giorno in cui fu scoperto fino ad adesso. La stessa lezione è insegnata nelle carriere di molti uomini importanti collegati con Davide. Ciò rende 2Samuele uno dei libri più profittevoli per la lettura e riflessione nell’Antico Testamento.

Questo libro dimostra anche che il regno di Davide fu il periodo di maggiore attività letteratura in Israele, perché pubblica alcune dei poemi di Davide collega la storia con il contenuto del libro dei Salmi, di cui molti furono scritte da lui. Impariamo anche dal libro delle Cronache che i profeti Samuele, Natan e Gad furono scrittori di azioni che inclusero “le prime e le ultime” 1Cronache 29:29-30. È molto probabile che in questo periodo i libri di Rut e Giudici, e una grande parte di Samuele, siano stati scritti. Anche il libro del Giusto, che è menzionato solo due volte, una volta per dire che conteneva un racconto del comando di Giosuè di fermare il sole e la luna, e una volta per dire che conteneva il lamento da parte di Davide per la morte di Saul, fu probabilmente scritto in questo periodo, dato che non è menzionato nessun evento successivo. Era evidentemente un libro di gran valore e autorità, sebbene fosse permesso che fosse perso.

Durante il regno di Davide, il lettore dovrebbe osservare che i messaggeri scelti da Dio per dichiarare la sua volontà di tanto in tanto, sia riguardo al governo sia riguardo alla moralità, continuavano a esercitare autorità anche sul re. Ciò fu vero soprattutto di Natan e Gad, di cui sappiamo poco oltre questo.

 

6. Il regno di Salomone e la divisione del regno

Il soggetto di questo capitolo è narrato nei primi 12 capitoli di 1Re e nei primi 10 di 2Cronache. Il racconto inizia spiegando che Salomone quasi perdette il trono e la sua vita a causa del complotto di suo fratello maggiore Adonia che, essendo il più grande figlio di Davide ancora vivo, rivendicò il suo diritto al trono, sostenuto da Ioab e il sommo sacerdote Abiatar. Questo complotto fu creato prima della morte di Davide, perché pensavano che fosse così decrepito da non poter interferire. Ma fu spinto ad agire dagli sforzi del profeta Natan e dalla madre di Salomone, e il complotto fu sventato dall’unzione immediata di Salomone.

La scelta da parte del giovane re di saggezza, quando Dio gli offrì la scelta di quello che sarebbe stato a lui, è la chiave della parte iniziale del suo regno, ed è in enorme contrasto con l’apostasia che caratterizzò gli ultimi anni della sua vita. L’evento principale del suo regno fu la costruzione del tempio, che sostituì il tabernacolo eretto da Mosè. Questo portò ad una fine, almeno per i fedeli, l’adorazione irregolare che era prevalsa fino dalla cattura dell’arca da parte dei Filistei, e permise ai sacerdoti di condurre il culto secondo tutte le regolazioni della legge.

Dopo la costruzione del tempio, ed anche di un magnifico palazzo per sé stesso, Salomone inaugurò un intero sistema di fortificazioni in diversi punti strategici del suo regno, affinché uno o più punti avrebbero affrontato il nemico a prescindere dalla direzione di arrivo dell’esercito. Fu probabilmente questa precauzione saggia, insieme ad un’alleanza tramite il matrimonio con il faraone d’Egitto, che preservò il suo regno in pace durante tutto il suo lungo regno di 40 anni.

L’attività letteraria che era fiorita durante il regno di Davide raggiunse il suo culmine in quello di Salomone. Lui stesso aveva un ruolo molto importante, scrivendo molti poemi che parlano di quasi tutti i temi che sono adesso raggruppati sotto il titolo generale di Storia naturale. Anche le biografie si svilupparono, e i profeti Natan, Aiia e Iddo sono menzionati come scrittori di questo tipo.

Salomone fu il primo re di Israele a commerciare, soprattutto nella estrazioni di metalli preziosi, che trovò abbondantemente in una regione chiamata Ofir. Le miniere furono presto esaurite, per cui non si sa più dove fossero. Queste attività lo portarono in contatto con il resto del mondo, e diventò il più famoso re d’Israele di qualsiasi tempo. La sua ricchezza creò un desiderio di essere magnificato, che lo portò a moltiplicare mogli, cavalle e carri, e ciò a complicità con l’adorazione di idoli.

La prosperità del regno di Salomone, siccome fu creata soprattutto da leve di operai, portò alla propria distruzione, come lo storico raccontò dopo la morte di Salomone. Il popolo chiese a suo figlio e successore di alleggerire i pesi imposti dal padre; il figlio rispose loro in modo insolente, e dieci delle tribù, sotto la guida di Geroboamo, un uomo audace della tribù di Efraim, si ribellarono e stabilirono un altro regno. Ancora una volta in Israele fu insegnato che la prosperità divina andava ottenuta solo con una completa ubbidienza alla volontà di Dio. Infatti la condotta di Aiia il profeta 1Re 11:29-35 quando incoraggiò Geroboamo a ribellarsi, indica il sentimento dei profeti che gli interessi della vera religione richiedevano una forma di vita nazionale più semplice di quanto gli splendori del regno di Salomone incoraggiavano.

7. I due regni (1Re 1-12; 2Cronache 1-12)

Dalla divisione del regno fino alla caduta di quello delle 10 tribù, chiamato il regno di Israele o il regno settentrionale, mentre l’altro era il regno di Giuda o il regno meridionale, l’autore del libro dei Re trattò la loro storia in modo alternativo, mentre quello delle Cronache si limitò alla storia del regno di Giuda, tranne quando i due regni erano in contatto.

Dovremmo studiare questa parte della storia secondo le sottodivisioni in cui è naturalmente divisa, e dobbiamo considerare anche gli scritti dei profeti quando hanno a che fare con questa storia, perché questi scritti costituiscono una parte molto importante della storia di questo periodo, e senza di essi la narrativa in Re e Cronache potrebbe essere solo imperfettamente capita.

Questa porzione della storia si divide in tre parti distinte che considereremo separatamente. Prima di tutto, c’è un periodo di ostilità fra i due regni; secondo, un periodo di alleanza amichevole; e terzo, un secondo periodo di ostilità.

1. Il primo periodo di ostilità

Questo periodo iniziò con la divisione del regno, e terminò con un’alleanza fra i re Acab e Giosafat; durò circa 78 anni. All’inizio di questo periodo Geroboamo stabilì l’adorazione di Geova con l’immagine di vitelli d’oro a Betel e a Dan; ordinò una festa annuale a Betel; e proibì ai suoi sudditi di andare a Gerusalemme per adorare come la legge di Mosè richiedeva. L’autore del libro dei Re descrive la continuazione di questa adorazione ingiusta nei regni dei re d’Israele che seguirono, e le conseguenze malvagie di essa sono chiaramente viste in quello che succedette dopo. Entro 50 anni quattro dinastie diverse regnarono, ognuna sterminando i discendenti maschi del predecessore, ed ognuna essendo dichiarata più malvagia di quelle prima. Alla fine la degradazione arrivò ad un punto tale che all’adorazione di un vitello introdotta da Geroboamo fu aggiunta l’adorazione quasi universale di Baal. In questa crisi il più grande di tutti i profeti che non lasciarono scritti, Elia il Tisbita, apparve come un fulmine, e diede un forte colpo a questo sistema pernicioso.

Nel frattempo, il regno di Giuda progredì in modo più soddisfacente. Rimanendo attaccati al vero Dio e mantenendo l’adorazione secondo la legge, solo quattro re avevano regnato quando il settimo iniziò a regnare in Israele. Durante un’apostasia temporanea del popolo sotto Roboamo, il paese fu invaso dall’esercito egiziano, e un grande tributo fu pagato; ma un ritorno al Signore portò un ritorno alla prosperità, e Giosafat regnava in modo giusto su Giuda mentre Acab era in mezzo al regno come il più malvagio mai visto in Israele.

2. Il periodo di riconciliazione

I due regni che erano stati ostili da così tanto tempo furono riconciliati dal matrimonio di Atalia la figlia di Acab a Ioram il figlio ed erede di Giosafat. L’alleanza diede coraggio ad Acab per intraprendere un attacco militare che non aveva osato fare da solo, e che finì con la sconfitta del suo esercito e con la sua morte. L’intera storia del suo regno è piena di istruzione e di avvertimento. Giosafat fu rimproverato da un messaggero da Dio per aver aiutato quelli che erano i nemici di Dio; ma i rapporti amichevoli fra il suo regno e quello di Israele continuarono fino a quando Giuda ne mieté un frutto amaro. Atalia si rivelò un flagello per Giuda, e nella terza generazione dei discendenti di Giosafat tentò di sterminare la famiglia reale. Era quasi riuscita nel suo intento: rimase solo un bambino per perpetuare la famiglia di Davide e per rendere possibile la promessa divina, cioè che non sarebbe mai mancato un figlio che regnasse sul suo trono. Dopo la morte della malvagia Atalia, ci fu la fine dell’alleanza fra Israele e Giuda che era stata un disastro continuo per Giuda.

Mentre la storia di Giuda si svolgeva in questo modo, per Israele le cose non andarono meglio. Il figlio e successore di Acab, Acazia, regnò solo due anni. Cercò in modo debole di ravvivare l’adorazione di Baal, e commise anche il peccato fatale di mandare dei messaggeri a Baal-Zebub, il dio di Ecron, per chiedergli il risultato di un infortunio ricevuto da una caduta. Siccome morì senza figli, suo fratello Ioram gli succedette. Durante il suo regno la carriera di Elia giunse al termine. La sua fine fu segnata da un avvenimento glorioso. Dopo di Elia succedette Eliseo, la cui brillante carriera tenne vivo in parte il timore di Dio da parte del popolo. Più di una volta salvò il regno dalla conquista da parte di Ben-Adad, il potente re della Siria. La carriera di Ioram concluse con lo sterminio dell’intera stirpe di Acab per mano di Ieu.

Che i due grandi profeti, Elia e Eliseo, fossero mandati al più malvagio dei due regni, benché in un primo momento sia una sorpresa, era la cosa da aspettarsi; perché la loro missione era di condannare il peccato, e il loro vero campo di azione era dove il peccato abbondava. Impedendo l’adorazione di Baal del regno più grande, da dove proveniva, la tolsero dal regno più piccolo dove era stata diffusa.

3. Il secondo periodo di ostilità

Dopo lo sterminio della casa di Acab in Israele e la morte di Atalia in Giuda, non ci fu più cooperazione fra i due regni, ma invece ci furono guerre frequenti come prima. La dinastia di Ieu tenne il trono per più tempo che qualsiasi altra, e sotto Geroboamo II il regno diventò il più potente e il più prospero dal tempo di Salomone. Questo re, con la guida profetica del profeta Giona, conquistò il regno della Siria che da molto tempo opprimeva la sua nazione, e estese il suo dominio fino all’Eufrate, che era stato il confine settentrionale del regno di Davide. Gli eventi raccontati nel libro di Giona appartengono a questo regno.

Durante questo regno, che era lungo, i profeti Osea ed Amos pronunciarono le profezie che troviamo nei loro libri. È necessario studiarli per capire completamente le condizioni del popolo di allora, perché mentre il racconto del libro storico dei Re parla un po’ degli eventi politici e militari, i due profeti parlano alle persone del loro peccato, e così facendo rivelano un’irreligiosità e un’immoralità in mezzo alla prosperità mondana che dovrebbe far inorridire il lettore, e che è comunque solo il risultato naturale delle esperienze attraverso cui le dieci tribù passarono dopo la divisione del regno. Vale la pena anche notare che i profeti predissero la caduta e la rovina del regno proprio quando era, dal punto di vista umano, meno probabile che succedesse che in qualsiasi punto della sua storia fino a quel tempo.

Dopo la caduta della dinastia di Ieu, che accadde sei mesi dopo la morte di Geroboamo II, il regno andò velocemente al destino che Osea e Amos avevano profetizzato. Una serie di cinque re furono sul trono in 32 anni, tutti tranne uno assassinati dal successore. A motivo di queste rivalità ingaggiarono tre diversi re d’Assiria per interferire nelle cose del loro regno, così quasi invitando i re di quel grande impero a venire a prendere l’intero regno in cattività. Infatti fu proprio così che successe dopo. In fine, nel nono anno dell’ultimo di questi assassini, cioè Osea, venne la fine del regno d’Israele come descritta in 2Re 17.

Mentre Israele andava verso la distruzione, Giuda, avendo ripreso un po’ dagli effetti dannosi dell’alleanza con la casa di Acab, attraversò un periodo più felice, benché non senza severi rimproveri da parte dei due profeti mandati in modo particolare a Israele. Dei sei re che regnarono durante il tempo dei dieci re in Israele, due erano fedeli a Dio e alla sua legge mentre tre erano infedeli in molti modi, ma molto di meno dei re d’Israele.

L’ultimo di questi re buoni, Ezechia, era nel sesto anno del suo regno quando Israele fu portato via in cattività.

L’intero periodo dei due regni, aggiungendo la durata del diversi re, durò 354 anni, e la data dell’inizio della cattività di Israele è 721 a.C.

8. Il regno di Giuda continuato (2Re 18-25; 2Cronache 29-36)

Questa storia del regno di Giuda, dalla caduta d’Israele fino alla sua, si trova nel libro di 2Re, dal capitolo 18 fino alla fine, e in 2Cronache, dal capitolo 29 fino alla fine. Una parte si trova anche nei libri dei profeti che scrissero durante quel periodo, soprattutto Isaia e Geremia. Questo periodo durò circa 130 anni e include i regni di otto re. Di questi re, due regnarono solo tre mesi e uno solo due anni. Il primo, Ezechia, era un buon re, il migliore dal tempo della divisione del regno. Prima però ci furono due re, Iotam e Acaz, che erano molto malvagi, e con la loro malvagia influenza il popolo era diventato molto corrotto. Era quindi molto difficile per Ezechia indurre il popolo a vivere di nuovo secondo a legge di Mosè. Come riconoscimento divino della sua fedeltà, il suo regno fu segnalato da una delle liberazione più incredibili che Israele abbia mai sperimentato. Fu la distruzione miracolosa di notte di un enorme esercito sotto Sennacherib, il re d’Assiria, che aveva invaso il paese mentre faceva guerra contro Egitto, e richiedeva l’arresa di Gerusalemme.

Durante il regno di Ezechia la carriera pubblica di Isaia venne ad una conclusione. Fu chiamato ad essere profeta nell’anno che il re Uzzia morì, e i suoi primi discorsi profetici denunciavano la malvagità del popolo nei regni di Iotam e Acaz. Bisogna leggere questi discorsi insieme con i racconti nei libri di 2Re e 2Cronache di questi due re. Mentre questi libri danno la storia politica, Isaia svela lo stato della società della gente, e mostra quanto orrenda era. Isaia era il costante sostenitore e consigliere di Ezechia in tutte le sue buone imprese, e molti capitoli del suo libro, fino al 39, vanno studiati insieme con il regno di Ezechia. Gli ultimi 27 capitoli guardano avanti alla cattività di Giuda e la liberazione da essa, mentre molti brani in ogni parte del libro guardano avanti al tempo del Messia.

Il buon regno di Ezechia fu seguito da quello di Manasse, il più malvagio di tutti i re di Giuda. Il suo regno durò 55 anni. La vera religione era completamente abolita, e tutte le forme di idolatria conosciute fra le nazioni vicine furono adottate. Il tempio di Dio fu reso il centro di queste abominazioni. Un’intera generazione di Giudei crebbe alla maturità, ed alcuni alla vecchiaia, senza la possibilità di conoscere il vero Dio o avere qualsiasi conoscenza della Scritture. Amon, il figlio e successore di Manasse, continuò nelle vie di suo padre, aggiungendo ancora due anni a questo periodo di apostasia. Quando Giosia, il prossimo re, iniziò a regnare, aveva solo otto anni, e 12 anni furono aggiunti a questo periodo scuro prima che raggiungesse un’età per tentare una riforma vigorosamente. Per la provvidenza di Dio, e forse attraverso il profeta Sofonia (vedi il capitolo 9), fu portato sotto certe influenze che lo condussero alla restaurazione della vera adorazione e all’abolizione dell’idolatria. Quando aveva 18 anni e il regno dell’oscurità e dell’ignoranza durava già da 75 anni, una copia della legge di Dio fu trovata nel tempio e leggendola sia il re sia il popolo si resero conto del loro peccato e dei loro antenati. Il re fece uno sforzo grande per portare il popolo al ravvedimento e per restaurarlo al favore di Dio, e sembra che abbia avuto successo. Ma il profeta Geremia, che iniziò a profetizzare nel tredicesimo anno di Giosia, e che usò tutta la sua influenza come profeta per sostenere il re, denunciò pubblicamente che la riforma del popolo era finta e non veniva dal cuore. I primi 20 capitoli del suo libro vanno studiati insieme con la storia del regno di Giosia, perché spiegano in modo molto vivace lo stato della società e della religione. Questo profeta predisse ripetutamente la caduta del regno come conseguenza dei peccati. Giosia e Geremia furono tutti e due giovani quando cominciarono a lavorare insieme per la salvezza del popolo, e quasi mai due giovani hanno combattuto con così tanto coraggio con quasi un’intera nazione unita contro di loro.

Giosia fu l’ultimo re di Giuda che cercò di impedire la sorte che veniva sulla nazione secondo le parole di molti profeti. La sua fine fu tragica, perché fu ucciso in una battaglia contro il re di Egitto, che marciava con un esercito attraverso il paese di Giuda per combattere contro Assiria, con cui Giosia aveva fatto un’alleanza di amicizia. Ci furono solo 22 anni fra la sua morte e l’inizio della cattività predetta, e in questi anni ci furono i regni di tre dei suoi figli e uno nipote, e tutti e quattro respinsero il consiglio di Dio dato tramite Geremia, e persistettero nella malvagità che allora caratterizzava quasi tutto il popolo. In tutto questo periodo, Geremia era l’uomo più vistoso della nazione, non come consigliere e sostenitore dei re, come nel regno di Giosia, ma come la voce di Dio, parlando costantemente contro la malvagità del re e dei sudditi. Tutto il suo libro, dal capitolo 21 fino alla fine, va letto attentamente insieme con i regni di questi quattro re. Purtroppo, questi capitoli non sono stati raccolti in ordine cronologico, ma l’introduzione di quasi ogni discorso profetico ci dice in quale anno del regno di quale re fu pronunciato. Nessuna persona nella Bibbia è spiegata in modo più eroico di Geremia. È stato chiamato il profeta piangente, a causa della grande tristezza che sentiva per i guai che venivano sul suo popolo, che non credeva alle sue predizioni. Soffrì molta violenza da parte loro. Il piccolo libro chiamato Lamentazioni è un’espressione in poesia del suo lamento per Gerusalemme quando finalmente cadde nelle mani nei pagani.

9. Altri libri profetici prima dell’esilio

Nel precedente riassunto storico abbiamo tralasciato alcuni libri, che possono essere considerati meglio in sezioni separate. Prima di tutto, i libri profetici. Ce ne sono sette, e ne parleremo in ordine cronologico (per quanto è possibile determinarlo).

1. Michea

Il ministero di questo profeta fu nei regni di Iotam, Acaz e Ezechia; fu quindi contemporaneo con Isaia, che profetizzò sotto gli stessi re. Chiamò il suo libro “Parola del Signore, rivolta a Michea, il Morastita. Visione che egli ebbe riguardo a Samaria e a Gerusalemme” Michea 1:1. Predice la caduta di tutte e due le città, e rimprovera la gente per i peccati che stanno portando la loro distruzione. Predice anche la restaurazione del popolo, ed è lui che proferisce la chiara profezia della città di nascita di Gesù Cristo, e che fu citata ad Erode dagli scribi quando i magi arrivarono a Gerusalemme Matteo 2:1-6, Marco 5:1-2. Siccome profetizzò per così tanto tempo, è quasi certo che il suo piccolo libro contenga solo una piccola parte dei suoi oracoli profetici.

2. Naum

Questo scrittore non ci dice quando profetizzò, ma il suo libro si chiama, “Oracolo su Ninive” Naum 1:1, ed è una profezia della caduta e desolazione di quella antica città. Fu pronunciata dopo che gli Assiri (di cui Ninive era la capitale) ebbero invaso Giuda per l’ultima volta Naum 1:9-15, e ciò fu fatto da Sennacherib nel regno di Ezechia. Fra questo e la caduta di Ninive 20 anni dopo (nel 625 a.C.) Naum profetizzò; non possiamo fissare la data della scrittura del libro più precisamente. Il suo piccolo libro apre con un magnifico tributo alla maestà e potenza di Geova, e la sua descrizione della battaglia dell’ultimo assedio di Ninive è così vivida da sembrare una di un testimone oculare.

3. Abacuc

Questo profeta, come Naum, non ci dice quando profetizzò; ma le sue prime frasi dimostrano che era in un periodo di generale empietà, e quando l’invasione dei Caldei, che predice, sarebbe successo nella vita di colui a chi parla. Ciò corrisponde al periodo malvagio nell’ultima parte del regno di Manasse o all’inizio di quello di Giosia, perché fu un periodo di empietà e ci volevano solo da 25 a 40 anni prima dell’invasione dei Caldei. Allora i Caldei erano ancora sottomessi agli Assiri, e non c’era una possibilità umana che diventassero potenti. La preghiera di Abacuc, che si trova nell’ultima parte del suo libro Abacuc 3:1-19, è una delle espressioni più pie nell’intera Bibbia.

4. Sofonia

Questo profeta spiega la sua genealogia andando indietro di quattro generazioni, fino a Ezechia; e siccome l’unico uomo importante di quel nome era il re Ezechia, si suppone che il profeta appartenesse alla famiglia reale. Profetizzò durante il regno di Giosia Sofonia 1:1, ma non è scritto in quale parte del regno. Se è stato nei primi 13 anni precedette Geremia Geremia 1:2, e ciò è quasi certo quando consideriamo il contenuto del suo libro, perché descrive varie forme di idolatria che la gente di Gerusalemme e di Giuda faceva Sofonia 1:4-6, e che furono abolite da Giosia nel dodicesimo anno del suo regno. I primi due capitoli e una parte del terzo denunciano Gerusalemme per le sue iniquità e predicono giudizi distruttivi che verranno per questo motivo. Anche le nazioni adiacenti sono incluse, soprattutto quelle che erano state nemiche dei Giudei. L’ultima metà del terzo capitolo contiene una predizione della liberazione d’Israele dalle calamità imminenti e della prosperità futura. Siccome il popolo ascoltò questo appello profetico nella prima parte del regno di Giosia, il quale veniva dalle labbra di un parente del re, è probabile che influenzasse grandemente il re affinché intraprendesse la riforma di cui il suo regno è noto. Il libro andrebbe letto dopo aver letto dei regni di Manasse e di Amon 2Re 21:1-26; 2Cronache 33:1-25, e prima di leggere quello di Giosia 2Re 22:1-23:30; 2Cronache 34:1-35:27. Esamina da vicino lo stato della società quando Giosia cominciò a regnare (quando aveva 12 anni), ed aiuta a spiegare il fatto sorprendente che sebbene suo padre e suo nonno fossero idolatri e commisero molte azioni malvagie, lui intraprese un cammino contrario rovesciando l’idolatria che avevano stabilito e riportando la gente all’adorazione di Geova.

5. Abdia

Questo libro molto breve è intitolato “Visione di Abdia” Abdia 1. Non abbiamo informazioni sulla storia personale di questo profeta. La prima parte del libro Abdia 1-16 è una denuncia ad Edom per l’animosità che aveva mostrato verso i Giudei quando Gerusalemme fu distrutta dai Caldei sotto Nabucodonosor, e una predizione di punizione per questo nemico innaturale verso un popolo imparentato con loro. Fu quindi scritto dopo quell’evento e prima della punizione predetta. Una simile denuncia di Edom da parte di Geremia Geremia 49:7-22 contiene alcune delle stesse frase utilizzate da Abdia, dimostrando che uno di questi profeti copiò dall’altro. Siccome scrissero in quasi esattamente lo stesso periodo, non è possibile sapere quale dei due copiò.

Nel resto del libro c’è una profezia della conquista di Edom da parte dei Giudei Abdia 17-21, che fu adempiuta dopo il ritorno dai Giudei dall’esilio in Babilonia. Ezechiele, che era pure un contemporaneo di Abdia, ha una profezia simile Ezechiele 25:12-14.

Non è detto niente di questa ostilità di Edom nei libri storici, ma appare non solo negli scritti di questi tre profeti ma anche nel Salmo 137, scritto in cattività o poco dopo la sua fine, in cui l’autore dice:
“Ricòrdati, Signore, dei figli di Edom,
che nel giorno di Gerusalemme
dicevano: «Spianatela, spianatela,
fin dalle fondamenta!»” Salmo 137:7

6. Ezechiele

Questo profeta, come Geremia, era un sacerdote Ezechiele 1:3. Fu chiamato ad essere profeta nel quinto anno della cattività del re Ioiachin, che corrisponde con il quinto anno del regno di Sedechia, l’ultimo re di Gerusalemme. Era in quel tempo fra i prigionieri nel paese dei Caldei Ezechiele 1:3, e senza dubbio era uno di quelli portati via con Ioiachin da Nabucodonosor. Quando iniziò a profetizzare, Geremia profetizzava già da 30 anni; e siccome Ezechiele aveva allora 30 anni Ezechiele 1:1, era cresciuto con l’insegnamento di Geremia. Continuò a profetizzare fino al ventisettesimo anno della cattività di Ioiachin Ezechiele 29:17, e forse di più. I suoi primi sei o sette anni si sovrapposero agli ultimi di Geremia, e durante quel periodo lavoravano insieme, uno a Gerusalemme e l’altro vicino a Babilonia, e tutti e due predicevano la caduta del regno di Giuda e esortavano il popolo a ravvedersi. La prima metà del libro di Ezechiele, cioè 24 dei suoi 48 libri, parla di questo. Utilizza moltissimi simboli strani, con parole e con azioni, ed alcuni di cui sono molto difficili da interpretare. Ma insegna anche in modo molto semplice alcune lezioni di grande importanza, non solo per la sua epoca ma anche per ogni generazione dell’umanità. Il lettore distinguerà facilmente i capitoli che contengono queste lezioni, e dovrebbe studiarli fino a quando diventano molto familiari.

La seconda metà del libro contiene predizioni che riguardano la ristorazione di Israele e di Giuda, e il loro futuro nel proprio paese. In questa parte ci sono descrizioni e simboli ancora più misteriosi che nella prima parte; alcuni di cui non sono mai stati interpretati in modo soddisfacente. Come gli altri profeti, dà poche informazioni sulla sua storia personale, e non si sa niente per quanto riguardo la sua morte. Se avesse vissuto fino all’età di 100 anni avrebbe visto la fine della cattività; ma siccome ciò è molto improbabile, probabilmente morì in Babilonia.

7. Gioele

Non si sa niente della storia personale di Gioele, tranne che era il figlio Petuel Gioele 1:1. Diversamente dalla maggior parte dei profeti, non dice in quale regno o regni profetizzò, e così le indicazioni di data nel suo libro sono così indefinite che i commentatori si differiscono molto per quanto riguardo la data di scrittura; alcuni dicono che è fra i primi, altri fra gli ultimi dei profeti. Fortunatamente, il valore del libro per noi non dipende dalla data esatta.

La prima parte del libro Gioele 1:1-11, 17 contiene una predizione di un’invasione di locuste più grande di quelle mai viste da generazioni precedenti nel paese di Giuda Gioele 1:2-3. La descrizione è molto vivida, come se la scena passasse davanti agli occhi del profeta. Il linguaggio utilizzato in diverse parti della descrizione è tale da far capire ad alcuni interpreti che tutto sia un’immagine simbolica di eserciti umani.

Dopo questa invasione il profeta predice una condizione prospera per il paese Gioele 2:17-27, e poi lo spargimento dello Spirito Santo. L’apostolo Pietro nel giorno della Pentecoste citò la profezia, affermando che era allora in parte adempiuta (Gioele 2:28-32; confronta Atti 2:16-31). Questa è la caratteristica più notevole della profezia di Gioele. Gli fu dato fra tutti i profeti di fare la profezia più chiara del grand’evento che inaugurò il regno di Dio sulla terra.

Il resto del libro contiene una profezia del giudizio di Dio sulle nazioni che circondavano Giuda per le crudeltà che avevano versato su quel popolo. Il libro non menziona affatto il regno di Israele, e questo fatto, insieme a quello che tutti i riferimenti locali sono a Giuda, dimostrano che il profeta viveva nel regno meridionale. Non c’è un periodo particolare della storia a cui il libro si riferisce.

10. I libri poetici

Abbiamo sorvolato questa categoria di libri, non perché sono posteriori a quelli menzionati negli ultimi capitoli, ma perché non potevano essere discussi prima senza rompere il filo del racconto della storia.

È piuttosto difficile dare un titolo accurato ai libri di questa sezione. “Poetici” non li descrive completamente, perché Ecclesiaste non è poesia, ed inoltre anche altre parti dell’Antico Testamento sono poetiche, specialmente Isaia 40-66. Forse potremmo dividere i libri in “Libri di saggezza” (Giobbe, Proverbi, Ecclesiaste e il Cantico dei Cantici), e “Libri di devozione” in cui si metterebbe il libro dei Salmi.

1. Giobbe

Questo è un libro poetico con un’introduzione o prologo, e un seguito o epilogo, in prosa. Il primo spiega il carattere e la situazione dell’uomo, con il tentativo vano da parte di Satana di dimostrare che il suo motivo per servire Dio era egoista. Dopo il fallimento del tentativo di Satana, che lasciò Giobbe in un stato di destituzione e estrema sofferenza, tre dei suoi amici vennero per consolarlo, e dopo un periodo di lutto silenzio, iniziarono un dibattito con lui sulla causa della sua afflizione. Tutti e tre presero per scontato che le sofferenze erano dovute a qualche peccato nascosto che Giobbe aveva commesso, e basarono la loro conclusione sulla proposizione generale che Dio non affligge mai il giusto. Giobbe rinnegò la loro proposizione, e si difese il meglio che poteva, fino a quando fecero tre giri di discorsi, gli amici parlando uno dopo l’altro e Giobbe rispondendo ad ognuno. Poi un uomo più giovane, Eliu, di cui la presenza non era stata menzionata, fece un discorso, e in fine Dio stesso parlò da una tempesta. Nell’epilogo Dio disse che Giobbe aveva ragione per quanto riguardo la questione del dibattito; comandò che i tre amici portassero un’offerta all’altare affinché Giobbe pregasse per loro; e restituì a Giobbe il doppio la prosperità materiale che aveva prima dell’inizio della prova. I discorsi non sono limitati al tema della questione dibattuta, ma tutti hanno una grande estensione di pensieri, e contengono poesia molto eccelsa e edificante.

Ci si è chiesto se Giobbe fosse una persona vera o immaginaria, ma Ezechiele e l’apostolo Giacomo sembrano dare la risposta, facendo affermazioni che dimostrano la sua esistenza, il suo carattere, le sue sofferenze e la sua liberazione Ezechiele 14:12-20; Giacomo 5:10-11. Ma mentre Giobbe ed i suoi quattro amici erano persone vere, i loro discorsi non erano necessariamente fatti nella forma poetica che noi abbiamo, perché ciò sarebbe stato molto difficile senza un aiuto miracoloso, e probabilmente questo non successe dato che dissero delle cose che Dio disse erano sbagliate. Probabilmente l’autore del libro, che ci è sconosciuto, ha trasformato i discorsi sotto la forma in cui noi li abbiamo adesso.

Il tempo in cui Giobbe visse non può essere definitivamente determinato, ma era prima di Ezechiele che si riferisce a lui come esempio di grande giustizia.

2. I Salmi

Uno sguardo ai titoli di questo libro rivela che si tratta di cinque libri, e ognuno conclude con una dossologia e un Amen. Queste cinque raccolte furono fatte in periodi diversi e da redattori diversi, perché i Salmi non furono scritti nello stesso periodo. Uno (il Salmo 90) fu scritto da Mosè, e alcuni (per esempio il Salmo 137) durante l’esilio in Babilonia. Alcuni studiosi trovano evidenze per certi scritti che fanno supporre loro una data dopo il ritorno dalla Babilonia, e nei Salmi 44, 77, 79 e 83 ci sono invece indicazioni di un’origine nel periodo dei Maccabei. La data e l’autore dei Salmi sono determinati, per quanto è possibile, in parte dai titoli prima di alcuni, e in parte dalle illusioni personali e storiche. I titoli non fanno parte del testo originale, ma sono molto antichi; anche se non sono infallibili, sono almeno per lo più affidabili. 73 salmi sono ascritti a Davide da questi titoli, e così a volte l’intera raccolta è chiamata i Salmi di Davide perché lui ne è l’autore principale. I salmi che più chiaramente si riferiscono a certi periodi della sua vita sono: 19, 8, 29, 23 (la prima parte della sua vita); 11, 18 (la persecuzione da parte di Saul); 24, 101, 15 (l’arca portata a Gerusalemme); 18, 21, 110, 60 (le sue guerre); 51, 32 (il suo peccato e ravvedimento); e 3, 4, 23, 63, 12 (la ribellione di Absalom). Il titolo nel testo originale era però la parola ebraica per ‘lodi’, e il titolo attualmente usato si deriva dal titolo dato dai traduttori greci.

Per leggere i Salmi con maggior profitto, quelli che contengono allusioni personali o storiche vanno letti insieme all’evento a cui si riferisce. Una buona Bibbia da studio di solito indicherebbe i riferimenti per il lettore, ma è meglio ancora conoscere i libri storici così bene che si ricorderanno subito gli eventi a cui i salmi si riferiscono.

I sentimenti espressi nei salmi vengono dal cuore degli autori, e mostrano i migliori effetti della legge di Mosè e dell’esperienza d’Israele sulle anime di uomini pii in quella dispensazione. I salmi sono stati scritti in una varietà così grande di circostanze che esprimono i sentimenti di uomini pii in quasi qualsiasi condizione in cui le persone si trovano oggi, e così sono adatti alla nostra edificazione in tutte le diverse fasi della vita. Qualcuno che conosce bene i salmi può facilmente rivolgersi a questi scritti che lo conforteranno quando è angosciato, che lo rallegreranno quando triste, e che esprimeranno la sua gratitudine e ringraziamento.

3. Proverbi

Nel senso stretto, un proverbio è una frase che esprime brevemente e in modo forte qualche verità pratica. In questo senso il libro non è interamente composto da proverbi, perché i primi nove capitoli contengono una serie di breve poesie di natura diversa, eppure sono piene di lezioni pratiche come i proverbi, e così non sono fuori posto in un libro con il titolo Proverbi.

La seconda divisione del libro, che inizia con il capitolo 10, ha il titolo “Proverbi di Salomone” Proverbi 10:1), e qui iniziano i veri proverbi. Continuano fino a Proverbi 22:16 e costituiscono la divisione più grande del libro, dando il nome all’intero libro. Questi capitoli contengono 375 diversi proverbi, che sono pochi in confronto con i 3000 che Salomone compose 1Re 4:32. Questi proverbi sono pieni di saggezza pratica.

In Proverbi 22:17-24:34, il contenuto e la forma sono simili alla prima parte del libro. Poi seguono cinque capitoli con i titoli, “Ecco altri proverbi di Salomone, raccolti dalla gente di Ezechia, re di Giuda” Proverbi 25:1. Così in parte il libro crebbe come una raccolta.

L’ultima sezione del libro, Proverbi 31:1-31, è intitolata, “Parole del re Lemuel; l’oracolo che sua madre gli insegnò”. Chi fosse Lemuel non si sa adesso. Le sue parole e l’intero libro chiudono con la descrizione di “Una donna virtuosa” che presenta la donna ideale.

Così si vede che il libro è composto da alcune sezioni, di cui le più vecchie sembrano essere Proverbi 10:1-22:16; Proverbi 25:1-29:27. Queste sono chiamate raccolte dei proverbi di Salomone. Inoltre ci sono le “parole del saggio” (Proverbi 22:17-24), “Parole di Agur” (Proverbi 30:1-33), “Parole di re Lemuel” (Proverbi 31:1-9), la poesia acrostica in lode alla donna ideale (Proverbi 31:10-31), e Proverbi 1:1-9:18, che forse è stata scritta dal redattore dell’intera raccolta che chiamò il libro i Proverbi di Salomone, usando così il saggio re come descrizione comune per tutta la materia di cui creò il modello. Il rapporto fra Salomone e la letteratura dei Proverbi è simile a quello fra Davide e i Salmi. Tutti e due misero in moto un tipo di attività letteraria a cui altri aggiunsero nel corso del tempo.

4. Ecclesiaste

Il titolo stampato di questo libro è ‘Ecclesiaste’ o ‘Qoelet’, cioè ‘Il predicatore’, ma il titolo che dà a sé stesso è, ‘Parole del Predicatore, il figlio di Davide, re a Gerusalemme’ Ecclesiaste 1:1. La parola ebraica è Qoelet. Fu tradotta dagli autori della Septuaginta Ecclesiaste, che è il titolo usato in alcune versioni. Il predicatore è senza dubbio Salomone, perché lui è l’unico figlio di Davide che regnò a Gerusalemme, e le esperienze raccontate corrispondono a quelle della sua vita. Alcuni dubitano che Salomone scrisse il libro, e alcuni sono convinti che non lo scrisse; ma anche loro ammettono che chiunque fosse lo scrittore, questi cercò di raccontare il sentimento di Salomone e scrisse nel suo nome.

Possiamo considerare l’intero libro un sermone (e non sarebbe stato molto lungo) in cui il predicatore descrive la vanità o vuoto della vita, considerata dal punto di vista umano. La sua affermazione ricorrente è “Vanità di vanità, tutto è vanità” Ecclesiaste 1:2; e se questa vita è la fine di tutto, dobbiamo ammettere la verità della sua proposizione. Ci sono alcuni brani nel libro piuttosto oscuri, ed alcuni che sembrano contraddirne altri; ma quando ci ricordiamo lo scopo dello scrittore di considerare la vita come se fosse l’unico stato di esistenza quasi tutte queste difficoltà scompaiono. Nella conclusione finale l’autore dice: “Ascoltiamo dunque la conclusione di tutto il discorso: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo è il tutto per l’uomo. Dio infatti farà venire in giudizio ogni opera, tutto ciò che è occulto, sia bene, sia male” Ecclesiaste 12:15-16.

L’autore era disturbato dal fatto che niente che si possiede o che si fa sembra dare soddisfazione. Non considerava neanche una vita futura probabile, perché la speranza di vita eterna fu pienamente rivelata solo in Cristo. La risposta dell’Ecclesiaste al problema della vita è che si deve ricevere tutta la sua bontà con gratitudine, ed usare saggiamente tutto quello che Dio dà.

Bisogna leggere il libro insieme con la vita di Salomone, che è raccontato in 1Re 1:1-11:43; 2Cronache 1:1-9:31. Ricordandosi di questa parte della storia, la bellezza del sermone sarà apprezzato di più e la sua potenza sentita di più.

5. Il cantico dei cantici

Il titolo che questa breve poesia si dà è “Il Cantico di cantici di Salomone” Cantico 1:1. È completamente diverso dagli altri libri, tanto per sembrare fuori posto nella Bibbia. Molti commentatori hanno cercato di trovare un significato parabolico, per esempio un presagio dell’amore della chiesa da parte di Cristo, mentre altri lo considerano solamente un cantico di amore. È una poesia che racconta una storia. La prima interpretazione era che era un cantico matrimoniale, raccontando l’amore e il matrimonio di Salomone e la sua regina. L’interpretazione più accettata adesso è che la protagonista è una ragazza di Sulam, che il re Salomone porta nella sua corte e cerca con lusinghe e grandi promesse di separarla dal suo amante, ma lei rimane fedele e alla fine viene restituita. Il libro è un bellissimo tributo all’amore vero e costante, che le ricchezze non possono abbagliare né il potere intimidire. È anche una rinfrescante immagine delle virtù della gente normale nell’era del più grande splendore e corruzione crescente nella corte di Salomone. Le lezioni spirituali non sono allusioni mistiche a Cristo e alla chiesa, ma la purità e la costanza dell’amore, una lezione importante anche nella nostra era.

11. I libri dell’esilio

Abbiamo parlato di tutti i libri dell’Antico Testamento collegato con gli eventi che precedettero l’esilio babilonese. Adesso parleremo dei due libri che descrivono esclusivamente gli eventi successi durante l’esilio, cioè i libri di Daniele e Ester. Inoltre, bisogna ricordarsi che porzioni dei libri di Geremia e Ezechiele sono stati scritti durante gli anni della cattività, e Isaia 40-66 tratta di questo periodo sebbene scritto prima.

1. Daniele

Questo libro, come pure le esperienze di Daniele stesso, trattano di tutto il periodo della cattività di Giuda, perché inizia nel terzo anno di Ioiachim, re di Giuda, otto anni prima della cattività di Ioiachim Daniele 1:1, e conclude nel terzo anno di Ciro, re della Persia, due anni dopo la fine della cattività di Giuda Daniele 10:1; Esdra 1:1-3. L’autore afferma in modo indiretto di essere Daniele; perché benché i primi sei capitoli siano scritti nella terza persona, come era comune nei racconti storici, gli ultimi sei sono scritti nella prima persona. Faceva parte della famiglia reale di Giuda Daniele 1:3, ed è probabile che lui e i suoi compagni fossero stati portati a Babilonia da Nabucodonosor come ostaggi per la buona condotta di Ioiachim, che doveva pagare un tributo ai babilonesi. Daniele vide l’inizio e la fine dell’impero babilonese, e faceva parte della corte durante tutto il periodo.

Gli eventi raccontati nei primi sei capitoli avevano per il Signore due scopi: prima di tutto, voleva che i Giudei in cattività non perdessero la loro fede in Geova; e secondo, per far conoscere il potere e la maestà di Geova alla popolazione pagana dell’impero babilonesi. I Giudei dovevano essere molto tentati, quando videro la città santa e il tempio di Dio in rovina e loro stessi trasportati in un paese straniero da una nazione pagana, a pensare che Geova li avesse abbandonati nonostante le molte promesse fatte ai loro padri, oppure che non fosse in grado di sconfiggere gli dèi del grande impero pagano. Entrambi le conclusioni li avrebbe portati a seguire la religione dei loro conquistatori, e così perdere tutte le buone cose che Geova aveva promesso loro. Da una parte, i conquistatori, ascrivendo (come tutte le nazioni pagane) le loro vittorie al potere maggiore degli dèi che loro adoravano, inevitabilmente pensavano che gli loro dèi fossero molto più potenti di Geova. Ma questo ragionamento sbagliato fu corretto da un serie di eventi racconti nella prima parte del libro.

Gli altri sei capitoli di Daniele, tutti profetici, rivelano il destino d’Israele; sebbene alcune profezie fossero oscure allora, ed altre sono così tuttora, altre ancora erano comprensibili come storia e furono di grande incoraggiamento per i Giudei durante i conflitti feroci attraverso i quali passarono nel periodo dalla fine dell’esilio fino alla venuta di Cristo.

2. Ester

Gli eventi raccontati in questo libro si svolsero nel regno di Assuero, chiamato anche Xerxes o Serse. Il suo nome persiano, scritto in lettere latine, è Khshayarsha. I Greci lo tradussero nella loro lingua Xerxes, e gli Ebrei Ahasuerus. Questo re cominciò a regnare circa 50 anni dopo il decreto di Ciro che permise ai Giudei di ritornare al proprio paese, e di conseguenza gli eventi del libro, sebbene appartenessero alla storia dei Giudei in esilio, si svolsero fra 50 e 60 anni dopo la fine del periodo di 70 anni predetto da Geremia. Cioè, si svolsero fra quei Giudei che decisero, dopo la proclamazione di Ciro, di rimanere in un paese straniero.

Questo libro racconta una crisi nella storia del popolo giudeo. Un decreto fu promulgato dal re che ogni Giudeo nel suo regno doveva essere ucciso in un certo giorno. Gli eventi che portarono a questo decreto, e le azioni tramite cui la calamità fu evitata, formano il contenuto del libro, e presentano una serie incredibile di provvidenze divine. Nel libro di Ester Dio non è nominato neanche una volta. Ma è lasciato al lettore scoprire per sé stesso la mano di Dio attraverso gli eventi descritti.

12. I libri dopo l’esilio

I libri scritti a Gerusalemme dopo il ritorno dall’esilio sono cinque: Esdra, Neemia, Aggeo, Zaccaria e Malachia. Ne parleremo in questo ordine.

1. Esdra

Questo libro inizia, come il libro delle Cronache conclude, con il decreto di Ciro per il rilascio dei cattivi e il loro ritorno al proprio paese. Confrontando Esdra 1:1-3 con 2Cronache 36:22-23, è evidente che i due libri siano stati originalmente uno ma separati a metà di Esdra 1:3, e i versetti precedenti sono stati copiati dal brano 2Cronache per creare l’inizio di quello che è diventato un nuovo libro. Il libro di Esdra dà un racconto più completo del decreto, e narra anche il ritorno del primo gruppo di Giudei sotto Zorobabele, chiamato anche “Sesbasar, capo di Giuda” Esdra 1:8; 2:2; 3:8. Era principe di Giuda perché nipote di Ioiachin, l’ultimo re, e sarebbe stato re se Giuda fosse stata una nazione indipendente 1Cronache 3:17-19. Il lettore forse sarà sorpreso di scoprire quanti pochi Giudei approfittarono dell’offerta fattagli da Ciro. Gli altri erano soddisfatti di rimanere in un paese straniero, dove forse erano diventati prosperi, piuttosto che ritornare ad un paese spopolato e passare per il disagio di ricostruire le loro città e case. Questo sottolinea ancora di più lo zelo e la fede di quelli che intrapresero questo lavoro. La gioia con cui fecero questo viaggio è descritto con un linguaggio entusiastico. Insieme con questo, bisogna leggere i capitoli Isaia 40-52, per capire i felicità dello scrittore per questo fatto, ritornando ad esso ripetutamente in mezzo agli altri temi di cui scrive.

Tutto andò bene per il popolo mentre cercarono di ricostruire il tempio durante il resto del regno di Ciro; ma nei regni dei re successivi i Samaritani, come erano chiamati i popoli misti che abitavano nel territorio delle tribù settentrionali, ottennero un decreto reale per la sospensione del lavoro, e fu solo nel secondo anno del regno di Dario che l’opera riprese. Poi i due profeti Aggeo e Zaccaria incoraggiarono l’opera, e lo fecero senza aspettare la risposta del re. Fu fatto un altro tentativo di impedire la costruzione del tempio, ma quando il re fu sentito emanò un altro decreto in modo che il lavoro non fosse impedito. Il racconto di questi eventi è nei primi sei capitoli, ed è pieno di interesse e istruzione. Il periodo dal ritorno fino al compimento del tempio fu 21 anni, calcolati dai regni dei re persiani.

Fra il sesto e il settimo capitolo di Esdra c’è un salto di 57 anni, dal sesto anno del re Dario al settimo anno di Artaserses Esdra 6:15; 7:8. In questo intervallo Assuero regnò e fece la sua spedizione in Grecia e gli eventi del libro di Ester si svolsero. Il capitolo sette segnala la divisione fra le due parti molto diverse del libro di Esdra: i primi sei capitoli danno la storia del gruppo che ritornò con Zorobabele fino a quando completarono il tempio, mentre la seconda parte dà il lavoro personale di Esdra. Venne a Gerusalemme con una lettera dal re che lo autorizzava a stabilire la legge di Dio come legge del paese ed ad imporla con tutte le diverse punizioni in caso di infrazione Esdra 7:25-26. Questo era molto importante per i Giudei, perché fino ad allora erano stati governati solo dalla legge della Persia. Esdra, essendo un sacerdote e uno scriba, era qualificato per questo compito importante, e si mostrò molto degno della fiducia che il re aveva in lui. Preservò un elenco di quelli che si riformarono in conseguenza delle sue suppliche, affinché i loro discendenti potessero sapere che i loro antenati erano fra i sinceri che si ravvidero e ritornarono al Signore quando rimproverati per i loro peccati.

2. Neemia

Negli antichi manoscritti ebraici i libri di Esdra e Neemia erano uniti; ma il titolo “Parole di Neemia, figlio di Acalia” Neemia 1:1 chiaramente indica l’inizio di un altro libro e giustifica la separazione che i traduttori greci fecero. Mentre Zorobabele ricostruiva il tempio, era il compito di Neemia di ricostruire le mura della città. Partì da Babilonia con questo scopo, 13 anni dopo che Esdra era andato per stabilire la legge. Quello che fece partire Neemia è descritto nel primo capitolo. Fu angosciato quando sentì che “la città dove sono le tombe dei suoi padri” Neemia 2:3, era desolata con le porte incendiate; probabilmente pensava che, siccome così tanti Giudei erano ritornati, le mura fossero ricostruite. Dall’altra parte, alcuni studiosi ritengono le mura fossero ricostruite e poi demolite di nuovo in quel periodo di 13 anni.

Leggendo questi sei capitoli, si capisce che Neemia fosse zelante e altruista quanto Esdra, ma era anche diverso. Mentre Esdra era un sacerdote di nascita, e faceva il lavoro dello scriba, Neemia lavorava nel governo, essendo coppiere al re. Non aveva quindi nessuno scrupolo di chiedere una scorta militare dopo aver ottenuto l’autorizzazione per andare a Gerusalemme Neemia 2:9. Fu il governatore del paese per 12 anni eppure non ricevette nessun salario e non acquistò nessun terreno, sebbene ci fosse senza dubbio la tentazione di guadagnare dalla sua posizione. Fece lavorare i suoi servi sulle mura, e diede da mangiare in media a 150 persone ogni giorno, sia Giudei sia ospiti di altre nazioni Neemia 5:14-17. Le sue spese dovevano essere molto grandi.

Gli altri sette capitoli del libro trattano di alcuni dettagli del governo di Neemia dopo il completamento delle mura.

Alla fine della sua assenza dal re ritornò a Babilonia e “dopo qualche tempo” andò di nuovo a Gerusalemme Neemia 2:6; 13:6-7. Durante la sua assenza alcuni sposarono dei pagani, e ci furono anche altri abusi.

La narrativa conclude senza accenno alla loro vita dopo questi eventi o alla loro morte, e così finisce la storia contenuta nell’Antico Testamento.

3. Aggeo

In questo piccolo libro siamo riportati indietro al secondo anno di Dario, al primo giorno del sesto mese di quell’anno Aggeo 1:1. Ci fu una pessima raccolta, e il profeta andò da Zorobabele e Giosuè il sacerdote con “la parola del Signore” Aggeo 1:1, dicendo loro che era a causa del fatto che la gente aveva costruito delle case per sé stessi trascurando la costruzione della casa del Signore che ciò era accaduto. Il risultato fu che questi due uomini e il popolo furono destati, e ricominciarono il lavoro il 24o giorno dello stesso mese. Questo era prima del decreto di Dario che diede l’autorizzazione di ricominciare la costruzione Esdra 6:1-5. Avendo l’autorizzazione e il comando del Signore, si misero a lavoro senza aspettare quelli del re. Tutto questo è raccontato nel primo capitolo.

Circa un mese dopo, leggiamo nel secondo capitolo, la parole del Signore venne di nuovo al profeta, promettendo che, sebbene il tempio che costruivano sembrava agli anziani pessimo in confronto con quello di Salomone, nel futuro sarebbe stato riempito di gloria, e questa gloria sarebbe stata maggiore di quella del precedente tempio, “In questo luogo io darò la pace, dice il SIGNORE degli eserciti” Aggeo 2:9. Questa profezia aveva un chiaro riferimento a Gesù e ai suoi apostoli per quel tempio, perché così raggiunse la sua massima gloria.

Circa due mesi dopo, sul 24o giorno del nono mese dello stesso anno, due altri messaggi furono portati da Aggeo. Il primo ricordò al popolo che la pessima raccolta era stata una punizione mandata dal Signore, ma promise anche che da allora in avanti li avrebbe benedetti. Il secondo era un messaggio personale a Zorobabele, promettendogli che mentre Geova avrebbe rovesciato tutti i regni e nazioni, l’avrebbe preso e reso “un sigillo” Aggeo 2:23. Siccome Zorobabele era un antenato del nostro Signore Gesù Cristo, questo sembra essere un’allusione al grande onore che gli sarebbe stato conferito.

Così vediamo che i cinque brevi messaggi mandati da Dio tramite questo profeta furono dati nello spazio di tre anni, e tutti avevano lo scopo di incoraggiare la gente nel lavoro arduo di ricostruire il tempio.

4. Zaccaria

Mentre Aggeo iniziò a profetizzare nel sesto mese del secondo anno di Dario e finì nel nono mese, Zaccaria iniziò nell’ottavo mese dello stesso anno. Il suo primo messaggio era molto breve, esortando il popolo a non essere come i loro antenati, a cui i profeti precedenti avevano parlato, ma ad imparare la lezione del loro destino. Qui si trova il brano ben conosciuto, “I vostri padri dove sono? E quei profeti potevano forse vivere per sempre?” Zaccaria 1:1-6.

Circa tre mesi dopo, il 24o giorno del undicesimo mese, nello stesso anno di Dario, Zaccaria portò il suo secondo messaggio, composto da otto visioni simboliche che, interpretate da un angelo, incoraggiò il popolo per quanto riguardo il tempio Zaccaria 1:1-6,15. Così vediamo che la prima opera di Zaccaria, come tutta l’opera di Aggeo, era di cooperare con Zorobabele e Giosuè il sacerdote per portare avanti la ricostruzione del tempio. Ciò era necessario per l’adempimento dei propositi e delle promesse di Dio per Israele e il futuro regno di Cristo.

Dall’inizio del settimo capitolo fino alla fine del libro il profeta si occupa di altri temi, e il suo stile raggiunge quello dei più bei brani di Isaia. Rimprovera molti peccati e chiama in modo potente ad una vita pia. Predice il raccogliersi delle 10 tribù e la caduta di quelle nazioni che opprimevano Israele. Prevede delle calamità future per Gerusalemme, più disastrose di quelle che aveva recentemente sperimentato, ma sarebbero state seguite da un tempo di pace e santità. In mezzo a queste predizioni troviamo diversi brani che sono citati nel Nuovo Testamento essendo stati adempiuti nella vita di Gesù Zaccaria 11:12-13; 13:1-7.

5. Malachia

Come Neemia fu l’ultimo degli storici dell’Antico Testamento, così Malachia fu l’ultimo dei profeti; e cooperarono uno con l’altro. Perché sebbene Malachia, diversamente da Aggeo e Zaccaria, non dà la data dei suoi messaggi, il contenuto chiaramente dimostra che parlò dopo che il tempio era stato completato e il suo culto ristabilito. Siccome non fa nessun riferimento ai problemi della ricostruzione delle mure, anche questa opera sembra completata. E siccome rimprovera la gente per essersi sposati con dei pagani, corrisponde alla situazione che Neemia trovò quando venne a Gerusalemme la seconda volta e proibì questi matrimoni.

Il libro ha la forma di un unico discorso dal profeta. Inizia con il fatto che Dio amò Giacobbe e odiò Esaù, dove i due fratelli rappresentano le due nazioni che loro generarono, e predice un disastro per la nazione di Esaù Malachia 1:1-5.

Poi rimprovera i sacerdoti perché disprezzavano la legge dei sacrifici, una corruzione che risultava dalla loro avarizia Malachia 1:6-11,14. Poi predice la venuta del Messia al tempio, e l’opera di purificazione e separazione che farà Malachia 2:17-3:6. Ritornando al suo tempo rimprovera la gente severamente per non aver pagato la decima e le offerte, e per aver pensato che non c’era profitto nel servizio del Signore Malachia 3:7-15. Predice le benedizioni di quelli che temono il Signore, e la distruzione di quelli che non lo temono Malachia 3:16-4:3.

In una conclusione adatta per l’Antico Testamento, guarda indietro e dice al popolo, “Ricordatevi della legge di Mosè, mio servo, al quale io diedi sull’Oreb, leggi e precetti, per tutto Israele” Malachia 4:4; e poi guarda avanti all’opera di Giovanni il battista dicendo, “Ecco, io vi mando il profeta Elia, prima che venga il giorno del SIGNORE, giorno grande e terribile. Egli volgerà il cuore dei padri verso i figli, e il cuore dei figli verso i padri, perché io non debba venire a colpire il paese di sterminio” Malachia 4:5-6.

L’apocrifa

Abbiamo adesso dato una breve introduzione ad ognuno dei 39 libri dell’Antico Testamento, e siamo arrivati a 450 anni prima della nascita di Gesù Cristo, che è l’inizio del Nuovo Testamento. Di quel periodo non abbiamo una storia ispirata, e di molto non abbiamo nessuna storia affatto. La maggior parte di quello che sappiamo viene dai libri che compongono l’Apocrifa, alcuni di cui sono edificanti, alcuni storici, alcuni favole. È utile per lo studente leggerli quando conosce l’Antico Testamento. Giuseppe Flavio racconta la storia di questo periodo, per lo più basata su questi libri. Alcune sezioni sono molto interessanti e emozionanti, e una conoscenza dell’Apocrifa aiuta a comprendere meglio i punti di vista e le pratiche dei Giudei al tempo di Cristo.

 

13. Le divisioni del Nuovo Testamento

Le sezioni del Nuovo Testamento sono ben conosciute. I quattro Vangeli sono biografici; gli Atti degli apostoli è un libro storico; le Epistole sono appunto epistolari; e l’Apocalisse è descrittiva e profetica.

I Vangeli non sono una completa biografia di Cristo; ma solo alcuni eventi della sua vita che servono per stabilire la sua affermazione di essere il Cristo e il Figlio di Dio. In essi sono contenuti anche alcuni esempi del suo insegnamento e delle sue prediche. Uno dei Vangeli dichiara che questo è il suo scopo Giovanni 20:31, e il contenuto degli altri dimostra che hanno lo stesso scopo. Giovanni dimostra anche il carattere parziale del suo racconto e dice che se tutto quello che Gesù fece fosse scritto, il mondo non potrebbe contenere tutti i libri che sarebbero stati scritti Giovanni 21:25.

Il libro degli Atti è una storia generale della chiesa per circa 30 anni dal suo inizio; le epistole sono lettere scritte da certi apostoli, cioè Paolo, Giacomo, Pietro, Giuda e Giovanni, tutte indirizzate a chiese o a credenti singoli; e l’Apocalisse spiega principalmente il futuro della chiesa.

14. I Vangeli e gli Atti

Questi non sono i primi libri scritti nel Nuovo Testamento perché, come vedremo più avanti, alcune delle lettere di Paolo furono scritte prima; ma sono primi nell’ordine degli eventi che raccontano, e per questo motivo occupano giustamente la prima parte del Nuovo Testamento. Avendo descritto in precedenza il loro piano generale, adesso li consideriamo separatamente.

1. Matteo

Questo scrittore presenta Gesù nel primo versetto del libro come “figlio di Davide, figlio di Abraamo” Matteo 1:1. Con questo titolo Matteo afferma che Gesù è il discendente promesso di Davide che si sarebbe seduto sul suo trono e avrebbe regnato per sempre, e ricorda anche la promessa antica ad Abraamo di un discendente in cui tutte le nazioni sarebbero state benedette. In altre parole, è presentato come il Messia, cioè il Cristo, e dimostra che lo scopo principale di Matteo era di spiegare Gesù come Messia, piuttosto di sottolineare la sua divinità. Con questo concorda il contenuto del libro; perché mentre il fatto che Gesù è il Figlio di Dio non è affatto trascurato nella narrativa, anzi è chiaramente spiegato, il fatto che è Messia è lo scopo principale. Per questo motivo ci sono molte citazioni dall’Antico Testamento di predizioni e di tipi adempiuti nella persona e nell’opera di Gesù. Matteo ha più citazioni di tutti e tre gli altri Vangeli messi insieme. In armonia con questo scopo Matteo dedica più spazio degli altri Vangeli all’insegnamento di Gesù; molto più della metà del libro è composta da discorsi, oltre i molti commenti fatti da Gesù durante conversazioni con amici e nemici. Infatti, uno scrittore cristiano del secondo secolo chiamò questo libro “Gli oracoli”, volendo dire affermazioni divine. Ciò fu un tentativo di dare un nome al libro derivato dalla maggior parte del suo contenuto. come conseguenza di questa caratteristica del libro, e per il fatto che è all’inizio del Nuovo Testamento, Matteo è letto di più ed è più conosciuto degli altri Vangeli.

Il libro si divide in modo naturale in tre parti: la prima Matteo 1:1-4:12 dà la genealogia di Gesù, la sua nascita, alcuni degli eventi della sua infanzia, il suo battesimo e la sua tentazione; la seconda il suo ministero nella Galilea Matteo 4:13-19:1; e la terza gli eventi dalla sua partenza dalla Galilea fino alla sua risurrezioni dei morti Matteo 19:1-28:20. L’ultima parte, sebbene occupi solo sei mesi dei tre anni del suo ministero, è lunga quasi quanto il racconto dell’intero periodo prima, dimostrando l’importanza secondo l’autore delle sofferenze, della morte e della risurrezione del Signore.

Il Vangelo secondo Matteo fu rivolto soprattutto ai Giudei, e quindi usa il contenuto dell’Antico Testamento che ha a che fare con la vita di Cristo. È il Vangelo nazionale, e i suoi temi sono Gesù il Messia, il maestro e il re respinto.

2. Marco

Questo scrittore non era un apostolo, ma era il figlio di una donna di Gerusalemme chiamata Maria, nella casa di cui i primi Cristiani si riunivano Atti 12:12. Lei era la zia di Barnaba, dato che Marco era suo cugino Colossesi 4:10. Essendo cresciuto a Gerusalemme, dove sua madre aveva un ruolo importante nella chiesa, doveva conoscere gli apostoli, e probabilmente anche Gesù. Alcuni dei primi scrittori cristiani dicono che per scrivere il suo Vangelo si servì del racconto di Gesù che Pietro dava nei suoi discorsi, e diverse cose nella narrativa confermano questo, soprattutto il fatto che racconta chiaramente tutto quello di negativo che Pietro disse o fece, e omette quasi tutto quello di positivo. Era così che Pietro avrebbe voluto se fosse così modesto che supponiamo che lui fosse.

Marco presenta Gesù subito come Figlio di Dio, dicendo nella prima frase del suo libro, “Inizio del vangelo di Gesù Cristo Figlio di Dio” Marco 1:1. Questo dimostra che il suo scopo principale era di dimostrare la divinità di Gesù, invece di dimostrare che era il Messia. In questo è diverso da Matteo, e per raggiungere il suo scopo dedica molto più spazio ai miracoli più degli altri tre Vangeli, dato che sono questi, piuttosto che le profezie adempiute, che dimostrano la sua divinità. Inizia in modo diverso da Matteo, in quanto comincia con la predicazione di Giovanni il battista mentre Matteo comincia con la genealogia e la nascita di Gesù.

Nessuno che conosce il Vangelo secondo Matteo può leggere Marco senza notare che sono molto simili nei fatti che raccontano, e a volte anche nelle parole utilizzate. Ma un confronto attento rivelerà che in quasi tutti questi casi Marco ha qualche fatto addizionale che distingue il suo racconto da quello di Matteo. Lo studente dovrebbe sempre stare attento a queste differenze, perché mostrano non solo le differenze fra i due autori, ma sono necessari per una conoscenza completa degli eventi che descrivono. Possiamo dire lo stesso per quanto riguardo tutti gli avvenimenti raccontati da tre o da tutti e quattro i Vangeli. Studia tutti, e unisci i dettagli dati da ognuno.

Il libro di Marco è diviso in due parti. La prima parte racconta il ministero nella Galilea, come la seconda parte di Matteo; la seconda parte, dopo alcune conversazioni oltre il fiume Giordano, racconta le ultime azioni a Gerusalemme. A questa seconda parte, benché raccontasse il periodo di solo sei mesi, Marco dedica sette dei suoi 16 capitoli, così dimostrando, similmente a Matteo, che era la parte della vita di Gesù più importante per i lettori. Luca e Giovanni hanno uno schema simile.

Il Vangelo secondo Marco è stato chiamato il Vangelo di Potenza. Gesù fa miracoli ed è l’incarnazione di potenza. Come tale, il libro era adatto alla mentalità romana, per cui la potenza era importante.

3. Luca

Il terzo Vangelo è diverso dai primi due, anche se Matteo e Marco sono diversi. Narra alcuni eventi già descritti negli altri due, ma il tema dell’autore è piuttosto diverso. Confrontando i suoi racconti con quelli degli altri due Vangeli, le differenze a volte sembrano contraddizioni, e sono state dichiarate tali da alcuni. Ma non è giusto accusare due o più scrittori di contraddirsi, ciò significherebbe accusarne uno di aver errato, quando un’ipotesi ragionevole permetterebbe di capire che tutte le loro affermazioni sono vere. A volte dobbiamo studiare molto attentamente per trovare una tale ipotesi, ma dovremmo farlo quando possiamo, e non dobbiamo essere troppo veloci ad accusare loro di contraddizioni. Ciò è giusto verso tutti gli scrittori e oratori, e dovremmo ancora di più fare così verso gli scrittori ispirati del Nuovo Testamento.

La prima parte del Vangelo secondo Luca, come quello di Matteo, tratta la prima parte della vita di Gesù, concludendo con la sua tentazione; lo spazio usato è più o meno uguale a quello usato da Matteo, ma Luca lo riempie con eventi quasi tutti diversi da quelli raccontati da Matteo. Per imparare tutto quello che possiamo su questa parte della vita del nostro Signore, dobbiamo studiare la prima parte di Luca insieme con quella di Matteo, e lo studente farebbe bene a farlo prima di leggere oltre in questo Vangelo.

Nella seconda parte, Luca presta la sua attenzione, come Matteo e Marco, al ministero di Gesù nella Galilea, non dicendo niente di alcuni viaggi a Gerusalemme fatti in questo periodo di cui abbiamo conoscenza dal Vangelo secondo Giovanni. Questa sezione va da Luca 4:14 a Luca 9:62, che è più corta della stessa sezione in Matteo e Marco. Poi segue la parte di Luca in cui lo scrittore ci dà informazioni nuove; questa sezione è tutta molto istruttiva. Questa parte include i capitoli dal 10 al 18, cioè più lungo delle altre parti. La sua ultima o quarta parte, come quella degli altri due Vangeli, racconta gli eventi degli ultimi sei mesi, ed è composta dagli ultimi sei capitoli.

Luca era un medico, un fatto che impariamo da Paolo Colossesi 4:14; e siccome Paolo in questo brano lo distingue da quelli che “provengono dai circoncisi” Colossesi 4:10,14, si deduce che Luca era un Gentile. Se è così, era l’unico Gentile che ha scritto una parte del Nuovo Testamento. Come Marco, non era un apostolo, e come conseguenza non scrisse come testimone oculare; ma ci informa, nel primo paragrafo del libro, che ottenne le sue informazioni da testimoni oculari, e che controllò tutto fino dall’inizio. Siccome il suo libro è indirizzato ad un certo Teofilo, che è un nome greco, sembra che abbia scritto soprattutto per un pubblico greco. Si rivolge a Teofilo con il titolo “illustre” Luca 1:3, il solito modo per rivolgersi ad un uomo di alto grado nel mondo politico, per cui sembra che almeno alcune tali persone facessero parte della chiesa quando il Vangelo secondo Luca fu scritto.

Tutti e tre questi Vangeli furono scritti non prima del 60 d.C.

Il Vangelo secondo Luca è la sua introduzione alla storia della chiesa primitiva e del ministero di Paolo, cioè il libro degli Atti. Il Vangelo sottolinea l’amore e la compassione di Gesù per l’umanità. È il Vangelo della società.

4. Giovanni

Il quarto Vangelo è molto diverso dagli altri tre, che sono piuttosto simili tra di loro. I primi tre sono chiamati dagli studiosi ‘sinottici’, cioè che hanno lo stesso punto di vista. Ma Giovanni evitò di scrivere quello che gli altri avevano scritto, in modo che ci siano pochi eventi in comune; e quando ci sono, lui racconta dettagli che gli altri omettono. Questa differenza è spiegata dal fatto che, scrivendo dopo, Giovanni aveva visto quello che gli altri avevano scritto e non voleva ripeterlo. Gli altri senza dubbio scrissero di quelli avvenimenti nella vita del Salvatore che erano stati raccontati dagli apostoli nella loro predicazione.

Il Vangelo di Giovanni è l’unico che è cronologico. Contando le feste dei Giudei che Gesù frequentò menzionate in questo Vangelo, accertiamo che ci furono tre anni dalla visita a Gerusalemme menzionata nel secondo capitolo fino a quella in cui fu crocifisso. Se sapessimo quanto tempo passò dal suo battesimo a quella prima visita, sapremmo la durata precisa del suo ministero; ma a quel punto non c’è una cronologia.

Giovanni inizia con una dichiarazione molto profonda dell’esistenza eterna e divina di Gesù prima del suo avvento nel mondo; e in armonia con questo inizio fa della divinità del Signore il tema più importante del suo libro, piuttosto che presentare Gesù come Messia. In questo è simile a Marco, ma diversamente da Marco menziona relativamente poco i miracoli, e usa invece come evidenza principalmente quello che Gesù disse di sé stesso. Come conseguenza, troviamo Gesù in questo Vangelo parla di più di sé stesso come Figlio di Dio che negli altri Vangeli.

Un fatto incredibile del Vangelo secondo Giovanni è che tutti gli eventi che racconta si svolsero in un totale di solo 30 giorni, benché il periodo dal primo all’ultimo fu di più di 30 anni. In Marco troviamo gli eventi di solo sette o otto giorni di più, se escludiamo i 40 della tentazione, e in Luca e Matteo meno di 100. Uno qualsiasi dei quattro, stampato separatamente, farebbe un piccolo libretto.

Il Vangelo secondo Giovanni è il Vangelo universale, il Vangelo dell’incarnazione, il Vangelo di conoscenza spirituale. È il Vangelo del cuore di Cristo, in confronto con la scrittura più obiettiva dei Sinottici.

5. Atti degli Apostoli

Questo libro giustamente segue i quattro Vangeli nel nostro Nuovo Testamento stampato, non perché fu scritto dopo, perché in realtà fu scritto nello stesso periodo dei primi tre Vangeli, e molto prima del quarto; ma perché invece gli eventi raccontati si svolsero subito dopo quelli dei Vangeli. Dopo la risurrezione, che conclude tutti i Vangeli, Gesù diede agli apostoli il loro mandato di andare e predicare, avendo loro proibito di fare così mentre era ancora vivo. Questo libro narra i loro viaggi e la loro predicazione al mondo in ubbidienza a questo comando. Inoltre, spiega come persone che sentivano la predicazione apostolica furono portati a Cristo e diventarono membri della sua chiesa. Come i Vangeli hanno lo scopo di convincere le persone che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, che è il primo passo per diventare un Cristiano, così questo libro spiega gli altri passi che gli apostoli richiedevano loro di prendere. per questi motivi, questo libro che racconta soprattutto delle conversioni è il libro da leggere dopo i Vangeli.

Questo libro spiega come chiese furono fondate dagli apostoli, e come alcune questioni molto importanti furono decise. In queste cose è una guida che ispira per tutto il futuro. Narra anche alcune delle azioni più nobili dei primi discepoli per il nostro incoraggiamento, e delle peggiori per il nostro avvertimento.

Come i Vangeli, il libro degli Atti omette molto di più di quanto racconta, perché dopo un breve racconto delle attività di tutti gli apostoli a Gerusalemme, parla soprattutto dell’opera di Pietro e poi, dal tredicesimo capitolo, diventa come una biografia seguendo quasi esclusivamente l’opera dell’apostolo Paolo. Quest’ultima caratteristica era anche dovuta, dal punto di vista umano, al fatto che l’autore conosceva meglio l’opera di Paolo che quella degli altri apostoli, e dal punto di vista divino al fatto che l’opera di Paolo, dopo che era diventato apostolo, era più grande e più importante di quella degli altri. Dalla natura del suo contenuto, quindi, troviamo che il libro non è gli Atti degli apostoli, ma il titolo corretto sarebbe Alcuni atti di alcuni apostoli. Il fatto che pochi atti sono raccontati può essere dedotto dal fatto che sebbene parla di un periodo di circa 30 anni dalla risurrezione di Cristo fino all’anno 63 d.C., il contenuto occupa lo spazio di solo un piccolo libretto.

15. Le epistole di Paolo

Paolo era non solo il più grande apostolo per quanto riguardo i suoi sforzi e le sue sofferenze, ma era anche lo scrittore più prolifico del Nuovo Testamento. I suoi scritti occupano quasi un quarto di tutto il Testamento. Non sono nella Bibbia nell’ordine in cui sono stati scritti. Originalmente circolavano, come tutti i libri del NT, come documenti separati; e quando furono raccolti in volumi più grandi, furono messi più o meno nell’ordine della grandezza dei libri (come per i libri profetici) e non in ordine cronologico. Menzioneremo la data della loro composizione, quando è conosciuta; perché è importante prima di leggere un’epistola sapere chi la scrisse, quando, a chi e in quali circostanze.

Alcuni ritengono che Paolo sia il vero fondatore del cristianesimo, cioè che predicasse un sistema che non era l’intento di Cristo. L’affermazione è falsa: era l’intento del Capo della Chiesa che fosse il compito di Paolo elaborare e spiegare in modo più completo gli insegnamenti divini di Gesù, e di aggiungere molto alla rivelazione della volontà di Dio che era prima annunciata da Gesù. Nessuno può quindi capire completamente la dottrina di Cristo senza l’aiuto dell’esposizione da parte di Paolo. Dunque è importante per tutti studiare attentamente le sue epistole.

1. Romani

Benché l’epistola ai Romani non fu la prima scritta da Paolo, è ben messa come la prima, e la prima dopo gli Atti, perché il suo tema principale è una discussione della base per cui un peccatore è giustificato davanti a Dio, ed è giusto per un peccatore che prima possibile, dopo essersi convertito al Signore, conosca bene questo tema. Passare dagli Atti a Romani è il prossimo passo in avanti che si deve prendere.

L’epistola va letta insieme con i capitoli 20 e 21 di Atti, da cui il lettore può capire che è stata scritta a Corinto poco prima dell’ultimo viaggio di Paolo a Gerusalemme. Essendo scritta ad una chiesa che conteneva molti membri maturi con esperienze ricche e varie, le sue discussioni di temi importanti sono più profonde di quelle delle altre lettere.

Il tema principale dell’epistola è la grande dottrina della giustificazione per fede. L’apostolo dimostra che la base della nostra giustificazione davanti a Dio è la nostra fede nel Signore Gesù Cristo, e non le opere della legge. Fu spinto a questa discussione dall’insegnamento di certi Giudei che dicevano che siamo giustificati se osserviamo perfettamente la legge. L’apostolo dedica i primi 11 capitoli della sua lettera all’esposizione di questa dottrina e per rifiutare delle obiezioni; il resto contiene esortazioni e il racconto delle esperienze interessanti di sé stesso e di altri. Ci sono alcune cose nella parte dottrinale che non sono adatte alla mente di bambini, ma tutti possono leggere con profitto l’ultima parte.

2. Prima Corinzi

Alcuni commenti scritti nell’ultimo capitolo di questa epistola, collegato con il capitolo 19 di Atti, fanno capire dove era l’apostolo quando la scrisse. La fondazione della chiesa a Corinto è descritta in Atti 18, e questi due capitoli di Atti vanno letti prima di iniziare lo studio della lettera. Non ci sono molte informazioni in quei capitoli sullo stato della chiesa quando l’epistola fu scritta; per questo dobbiamo leggere soprattutto l’epistola stessa. Mentre la leggiamo, troviamo le circostanze che richiedevano la scrittura dell’epistola. Sono tutte di natura pratica, diversi tipi di condotta sbagliata che apparirono nella chiesa dopo la partenza di Paolo. Per questo motivo è una delle epistole più importante per il regolamento della vita e del comportamento di una chiesa.

3. Seconda Corinzi

Confrontando 2Corinzi 1:8-11; 2:12-13; 8:5-7 con Atti 19:23-20:1, impariamo il luogo e le circostanze della scrittura di questa epistola. Paolo aveva sentito tramite Tito, che è menzionato qui per la prima volta, gli effetti della sua prima lettera alla chiesa, e questa informazione gli fece scrivere la seconda. La condizione della chiesa, insieme con il grande pericolo attraverso cui l’apostolo era appena passato ad Efeso, causano una depressione nel suo spirito, e come conseguenza questa è l’epistola più triste del Nuovo Testamento. Rivela più di qualsiasi altra epistola di Paolo, o delle narrative di Atti, le profondità di tristezza e sofferenza per cui questo apostolo continuamente attraversava nella sua missione ai Gentili. La vita interiore di Paolo è rivelata di più qua che altrove, e questo è il valore principale dell’epistola.

Un’epistola persa scritta prima di 1Corinzi è menzionata in 1Corinzi 5:9, e forse un’altra lettera persa è menzionata in 2Corinzi 2:4; 7:8; questi versetti non sembrano riferirsi a 1Corinzi.

4. Galati

C’è poco in questa epistola per indicare l’anno o il posto in cui fu scritta. La sorpresa che lo scrittore esprime che i Galati si siano così velocemente deviati ad un altro vangelo Galati 1:6 dimostra che era scritto poco dopo una visita, ma non si sa quale visita fosse. Era venuto dalla Galazia a Efeso, e dopo due anni e tre mesi lì, andò in Macedonia e Grecia Atti 18:23; 19:1,21-22; 20:1-2. Alcuni studiosi ritengono che abbia scritto l’epistola mentre era ancora ad Efeso, il che vorrebbe dire meno di tre anni da quando ne era partito; altri pensano invece che l’abbia scritto dopo aver raggiunto Corinto qualche mese dopo.

Non sappiamo niente delle chiese della Galazia oltre quello che impariamo dall’epistola; ma da essa apprendiamo alcuni fatti molti importanti riguardo a come avevano ricevuto Paolo, il loro rapporto con lui, ed anche la causa della loro alienazione da lui.

Opponendosi a certi falsi insegnanti che erano Cristiani nominali e che pervertivano la verità, Paolo insegna qui, come in Romani, che la base della nostra giustificazione davanti a Dio è la fede ubbidiente, e non le opere della legge. La discussione è breve ma chiara, e segue con degli insegnamenti ed esortazioni ammirevoli, sempre necessarie sui doveri pratici della vita cristiana.

5. Efesini

C’è un dubbio che l’epistola debba portare il titolo ‘Agli Efesini’, perché mancano i saluti personali che sono abbondanti nelle altre lettere di Paolo a chiese che fondò, e ciò sarebbe inspiegabile se avesse scritto ad una chiesa in cui lavorò per più di due anni – più tempo che in qualsiasi altra chiesa. Lo scrittore parla delle fede di questi fratelli come se fosse una cosa che aveva sentito e non di conoscenza personale Efesini 1:15-16; e si riferisce al fatto di essere apostolo ai Gentili come una cosa che avevano sentito da altri, e forse non lo sapevano affatto Efesini 3:1-4. Con queste indicazioni concorda il fatto che in alcune copie molto antiche dell’epistola le parole “a Efeso” nel saluto Efesini 1:1 mancano. Si suppone adesso che fosse un tipo di lettera circolare, spedita a diverse chiese (fra cui quella di Efeso), e che il nome Efeso fosse inserito in alcune copie a causa del fatto che Efeso era la città principale a cui fu spedita. Fu scritta mentre Paolo era un prigioniero a Roma Efesini 3:1; 4:1; 6:18-20.

L’epistola inizia con delle grandi affermazioni sull’eterno proposito e sulla preconoscenza di Dio per quanto riguarda Cristo e la sua opera di redenzione, ed anche riguardo alla chiamata dei Gentili a partecipare con l’antico popolo di Dio alla sua grazia. Questa parte conclude con il terzo capitolo e la preghiera di Paolo per i fratelli che ricevettero la lettera, ciò che chiude questo capitolo, è uno dei brani più impressionante in tutti i suoi scritti. Va studiata come modello di preghiera seria e sentimento alto. Il resto dell’epistola è di carattere pratico, trattando l’unità della chiesa, la sua crescita in ogni virtù, e la vita cristiana di ogni classe di discepolo. Particolarmente ragguardevole e di valore è il brano nell’ultimo capitolo, dove l’apostolo paragona i pezzi dell’armatura portata da un soldato di allora con i vari doveri e privilegi di un Cristiano nella sua lotta contro il potere delle tenebre. Il combattimento e l’atletica sono le immagini preferiti di Paolo, perché in tutti e due, come pure nella vita cristiana, una persona deve sforzarsi di fare del suo miglior per evitare di essere sconfitto.

6. Filippesi

Il racconto della fondazione della chiesa a Filippi è dato in Atti 16:6-40, e va letto prima di studiare questa epistola. I seguenti fatti: che Paolo era in prigione quando la scrisse Filippesi 1:12-13, che il pretorio (la guardia di corpo dell’imperatore a Roma) ebbe sentito la sua predicazione Filippesi 1:13-14, e che manda ai Filippesi il saluto di alcuni della casa di Cesare Filippesi 4:22 indicano chiaramente che l’epistola fu scritta, come Efesini, mentre Paolo era un prigioniero a Roma. Questa è la carcerazione menzionata alla fine di Atti. Il motivo della sua scrittura era che un fratello chiamato Epafrodito, essendo venuto da Filippi a Roma per portare un contributo per le necessità di Paolo Filippesi 4:10-20, si ammalò, e i Filippesi avevano sentito che era stato vicino alla morte. Così Paolo lo rimandò a Filippi, e senza dubbio gli fece portare l’epistola Filippesi 2:19-30. L’epistola è piena di simpatia tenera, e non c’è neanche uno rimprovero alla chiesa, ma molte esortazione calorose.

7. Colossesi

Questa è un’altra lettera della carcerazione, di cui ce ne sono quattro: Efesini, Filippesi, Colossesi e Filemone. Che Paolo fosse in prigione quando scrisse è visto dai suoi commenti in Colossesi 4:2-4,18. Sembra che abbia spedito l’epistola tramite Tichico, il quale portò anche Efesini Colossesi 4:8; Efesini 6:21-22, il che dimostra che furono scritte e spedite insieme. Questo spiega il fatto che le epistole si somigliano molto, più di qualsiasi altre due.

Il primo capitolo di questa epistola contiene una delle più grandi spiegazioni della gloria del nostro Signore Gesù Cristo nel Nuovo Testamento. Abbonda anche in esortazioni all’attività e allo zelo cristiani, che sono rafforzati dall’esempio dell’apostolo.

8. Prima Tessalonicesi

Venendo a questa epistola andiamo indietro nel tempo, dalla carcerazione di Paolo menzionata alla fine di Atti alla sua prima visita a Corinto, descritta in Atti 18:1-18, perché era durante questa visita che l’epistola fu scritta. La sua opera a Tessalonica è descritta in Atti 17:1-9. Andò da lì a Berea Atti 17:10 e poi ad Atene Atti 17:15, e poi a Corinto Atti 18:1. Lì, Sila e Timoteo, che aveva lasciato prima, lo raggiunsero Atti 18:5, e nell’epistola dice, “Ma ora Timoteo è ritornato…”. questo dimostra che l’epistola fu scritta subito dopo l’arrivo di Timoteo. Ciò avvenne, secondo la cronologia calcolata dal libro degli Atti, nell’anno 52 d.C. Così è la prima delle epistole di Paolo, ed anche il primo libro del Nuovo Testamento. Però, alcuni studiosi ritengono che l’epistola di Giacomo fosse scritta nel 50 all’incirca; il tale caso sarebbe il primo libro scritto del Nuovo Testamento.

L’epistola dimostra che la chiesa di Tessalonica subiva una grande persecuzione, ma che si comportava in modo di diffondere la luce del Vangelo nelle comunità circostanti 1Tessalonicesi 1:2-10. Questi discepoli fedeli erano solo parzialmente istruiti nella dottrina cristiana, e avevano dubbi riguardo ai fratelli defunti. Ciò portò Paolo a dare loro una delle più chiare lezioni possibili sulla risurrezione dei morti, affinché potessero confortarsi 1Tessalonicesi 4:13-18. Queste stesse parole sono state un conforto ai santi da allora fino ad ora, ed sono state usate come testo per molti funerali.

9. Seconda Tessalonicesi

Sembra che questa epistola fosse scritta poco dopo la prima alla stessa chiesa, perché la persecuzione menzionata nella prima era ancora in corso 2Tessalonicesi 1:2-3, e lo stato generale della chiesa non era cambiato. Fu scritta quando lo scrittore era preoccupato riguardo alla liberazione da “uomini molesti e malvagi” 2Tessalonicesi 3:2, ciò sarebbe d’accordo con una scrittura durante l’intervallo fra il suo ritiro dalla sinagoga a Corinto alla casa di Giusto, e l’assicurazione datagli dal Signore che nessuno gli avrebbe fatto del male Atti 18:5-10. I temi più importanti discussi sono il destino dei malvagi, la seconda venuta del Signore e la venuta dell'”uomo di peccato” menzionato qui dall’apostolo 2Tessalonicesi 2:3. Contiene anche delle istruzioni molto chiare e forti che riguardano cosa la chiesa dovrebbe fare con quelli che si comportano in modo disordinatamente. La fine dimostra che Paolo scriveva i saluti delle sue epistole con la propria mano come “segno” della sua genuinità 2Tessalonicesi 3:17. Aveva l’abitudine, come abbiamo visto in Romani, di dettare le sue lettere ad uno scriba, ma la sua scrittura nel saluto le identificavano come le sue.

10. Prima Timoteo

Quando Paolo scrisse questa epistola aveva lasciato Timoteo ad Efeso ed era andato in Macedonia 1Timoteo 1:3. Durante il periodo della sua vita raccontato negli Atti degli Apostoli, non fece mai questo. Solo una volta andò da Efeso in Macedonia, e in quella occasione aveva mandato Timoteo prima di lui Atti 19:21-22; 20:1. Siccome Atti segue la sua vita fino alla carcerazione a Roma, avrebbe dovuto fare questa visita ad Efeso dopo quella carcerazione. Doveva essere quindi rilasciato da prigione, come si aspettava, e fatto dei viaggi di nuovo per la sua opera missionaria.

Questa epistola è stata scritta soprattutto per l’istruzione di un evangelista, cioè Timoteo, e riguardo alla sua opera nelle chiese. Dovrebbe dunque essere studiato approfonditamente da ogni predicatore del Vangelo per la propria guida e istruzione. Ma una grande parte dell’istruzione data riguarda i doveri di tutti quelli che servono nella chiesa, e così l’epistola è per loro quanto lo è per i predicatori. Inoltre, gli altri membri delle chiese non possono sapere come comportarsi verso i responsabili e predicatori se non sanno quali sono i loro doveri e responsabilità; in questo modo la lettera è utile per tutti in chiesa. Per una conoscenza dei dettagli pratici sull’organizzazione della chiesa, dipendiamo da questa epistola più che da qualsiasi altra.

Sarebbe saggio per lo studente di questa epistola, e di 2Timoteo, prendere una chiave biblica e trovare tutti i versetti in cui Timoteo appare nel Nuovo Testamento, per conoscere bene tutto quello che è scritto di lui. È una delle persone più interessanti menzionate nel Nuovo Testamento.

11. Seconda Timoteo

Paolo è nuovamente un prigioniero 2Timoteo 1:8,16-18; 2:9; è la carcerazione che terminerà con la sua morte 2Timoteo 4:6-8,16-18. È l’ultima cosa scritta da Paolo che noi abbiamo, ciò le impartisce un interesse particolare come ultime parole di un uomo di Dio. Parla soprattutto di cose personali, siccome tutte le grandi dottrine erano spiegate in documenti precedenti. La tristezza della sua situazione è indirettamente rivelata, soprattutto nel primo capitolo. Le esortazioni a Timoteo, e a tutti i fratelli, sono fra le più emozionanti di Paolo, e la predizione della grande apostasia che occupa il terzo capitolo sembra un grido di disperazione per il futuro della chiesa, ma il grido di trionfo con cui si avvicina alla sua morte nel quarto capitolo ha emozionato le anime dei santi quanto quasi nessun altro brano della Bibbia. Se ci emoziona in un periodo così lontano, immaginiamo quanto ha dovuto infiammare il cuore dei suoi colleghi, compagni e convertiti. Era ansioso di rivedere Timoteo prima di morire, e lo supplicò di venire prima dell’inverno e di portare un mantello che aveva lasciato a Troas, di cui avrebbe avuto bisogno nella fredda prigione se il tempo invernale sarebbe arrivato prima della sua esecuzione. Voleva anche qualcosa da leggere, e pensava di scrivere di più, per cui chiese a Timoteo di portare dei libri e le pergamene che aveva lasciato a Troas 2Timoteo 4:13-21. Nessuno può leggere questa epistola attentamente senza risultare migliore e più saggio.

12. Tito

Si sa poco di Tito. Non è menzionato in Atti; tutto quello che sappiamo di lui si trova in quattro delle epistole di Paolo. Accompagnò Paolo e Barnaba da Antiochia a Gerusalemme al tempo della conferenza sulla circoncisione Galati 2:1; fu dopo mandato da Paolo mentre era ad Efeso per una missione importante a Corinto 2Corinzi 2:12-13; 7:5-7; 8:16-23; 12:18; era con Paolo nell’isola di Creta dopo il rilascio dell’apostolo dalla sua carcerazione romana, dove lasciò Tito per mettere in ordine le cose che rimanevano ancora da fare nella chiesa fondata là (Tito 1:5″)?>; e era con Paolo a Roma durante la sua ultima carcerazione, ma da lì andò a Dalmazia prima della morte di Paolo 2Timoteo 4:10.

Era ancora in Creta quando questa epistola gli fu scritta Tito 1:5, ma Paolo gli richiese di andare a Nicopoli appena era arrivato un altro evangelista per sostituirlo Tito 3:12. Lo scopo dell’epistola è molto simile a quello di 1Timoteo, cioè di istruire Tito come evangelista per la sua opera fra le chiese, e allo stesso tempo impartire indirettamente la stessa istruzione alle chiesa. È importante che nuovi predicatori lo studino, come pure tutti quelli che vogliono servire nella chiesa. Il suo primo capitolo, insieme con il terzo di 1Timoteo, fornisce delle istruzioni sulle qualifiche necessarie per gli anziani della chiesa, e siccome tutti i membri della chiesa dovrebbero ogni tanto selezionare queste persone, questi brani dovrebbe essere conosciuti da tutti.

13. Filemone

Questa è una delle epistole della carcerazione, cioè della prima carcerazione a Roma Filemone 1,13. Fu scritta per Onesimo, uno schiavo di Filemone, che era scappato dal suo padrone, arrivato a Roma e convertito al Signore tramite la predicazione di Paolo, e da un po’ di tempo assisteva Paolo nel suo ministero Filemone 10-15. Paolo suggerisce a Filemone che sarebbe giusto liberare Onesimo, e promette di pagare personalmente quello che Onesimo gli deve Filemone 17-21. Apprendiamo indirettamente da Colossesi che Onesimo era di Colosse Colossesi 4:9, e così pure il suo padrone Filemone. Filemone era un uomo di grande benevolenza e apparentemente ricco. Una chiesa si riuniva in casa sua Filemone 2-7.

14. Ebrei

Molti hanno sempre ritenuto che questa epistola sia di Paolo, ma dal secondo secolo fino al presente molti studiosi hanno dubitato o rinnegato che l’autore sia Paolo. Tre scrittori, tutti nati nel secondo secolo d.C. ma attivi all’inizio del terzo, sono rappresentativi delle opinioni presenti fino ad adesso. Origene disse che i pensieri erano di Paolo, ma non lo stile. Non riuscì a decidere chi l’aveva scritta. Clemente di Alessandria era dell’opinione che Paolo l’avesse scritto in ebraico, e che fu tradotta in greco da Luca. Pensava che lo stile fosse di Luca, ma i pensieri di Paolo. Tertulliano la ascrisse a Barnaba. Nei tempi più recenti, Lutero suggerì che fosse scritta da Apollo, e alcuni studiosi hanno propagato questa opinione. Forse la questione non sarà mai risolta. Ma benché ci sono diverse opinioni su che fosse stato autore, tutti gli studiosi credenti sono d’accordo che fu scritta da qualcuno del gruppo apostolico, e che il suo contenuto deve essere accettato come vero e autorevole.

La comunità a cui fu scritta è sconosciuta quanto l’autore, sebbene sia chiaro dal contenuto era che indirizzata soprattutto ad una comunità di Giudei cristiani, e così anche per tutti tali credenti. Era piuttosto difficile nella prima generazione della chiesa convincere i Giudei che diventavano Cristiani di lasciare completamente quelle parti della loro vecchia religione che erano adempiute da quella nuova, e alcuni erano propensi a ritornare al giudaismo dopo aver accettato la fede cristiana. L’epistola fu scritta per tali persone. L’argomento principale è la superiorità di Cristo come sacerdote su Aaronne, e la superiorità del suo sacrificio di sé stesso sulla legge. Dimostra infatti non solo la superiorità di Cristo, ma che il sacerdozio di Aaronne e i sacrifici della legge non dovevano essere più osservati. Dimostra anche che tutti i riti della legge che dipendevano da questo sacerdozio e da questi sacrifici erano passati con essi.

Mentre questo era lo scopo principale del libro, il suo valore non è limitato a quello che dice ai Giudei, perché molti insegnamenti e esortazioni pratiche sono adatti all’istruzione e all’edificazione di ogni tipo di discepolo in ogni età e paese. Le sue esortazioni, gli esempi e gli avvertimenti, come il suo argomento principale, sono tratti quasi esclusivamente dai libri dell’Antico Testamento, e nessuno che non conosce questi libri (soprattutto i libri della legge di Mosè) può capire l’epistola. Per studiare l’epistola, ci si deve riferire quasi sempre, usando la memoria, i riferimenti incrociati, o una chiave biblica, ai libri di Mosè. Accanto all’epistola ai Romani, è generalmente ritenuta la più importante epistola nel Nuovo Testamento per la spiegazione delle dottrine di Cristo.

16. Le epistole cattoliche e l’Apocalisse

La parola “cattolica” significa universale, nel senso che queste lettere sono indirizzate a tutti e non a una sola persona o una chiesa. 2Giovanni e 3Giovanni sono incluse in questa categoria, benché indirizzata ad un individuo, perché non si voleva classificarle separatamente da 1Giovanni. Ci sono quindi sette epistole cattoliche, di cui parleremo ora nell’ordine in cui le troviamo nella Bibbia.

1. Giacomo

C’erano tre discepoli eminenti chiamati Giacomo: gli apostoli Giacomo figlio di Zebedeo e Giacomo figlio di Alfeo, e Giacomo il fratello del Signore. Si crede che fosse l’ultimo menzionato l’autore dell’epistola. Dal tempo della carcerazione di Pietro da parte di Erode nel 44 d.C., fino alla morte di Giacomo nel 62, sembra che abitasse continuamente nella città di Gerusalemme come capo di quella chiesa nell’assenza degli apostoli Atti 12:17; 15:13; 21:17-18; Galati 1:18-19; 2:9-12.

L’epistola è scritta “alle dodici tribù che sono disperse nel mondo”, che significa quelli delle 12 tribù dispersi in paesi oltre la Palestina Giacomo 1:1. Il contenuto dell’epistola dimostra che erano i Cristiani giudei della dispersione. C’erano pochi tali Cristiani fino a quando gli apostoli avevano predicato per molti anni e fatto molti convertiti in molti paesi. Di conseguenza la data dell’epistola doveva essere vicina alla fine della vita di Giacomo, ma è impossibile sapere esattamente in quale anno. I fratelli che hanno ricevuto la lettera subivano la persecuzione, e lo scopo dello scrittore era di incoraggiarli a pazientemente sopportare le loro afflizioni. Questo scopo pervade l’epistola. Allo stesso tempo molti avvertimenti e ammonimenti sono introdotti, i quali sono adatti a tutti i tempi e luoghi. L’epistola è nota in modo particolare per la lezione sul controllo della lingua. Tocca anche brevemente il tema della giustificazione, dimostrando che non siamo giustificati da opere della legge, come anche Paolo abbondantemente insegna, la giustificazione risulta in quelle opere che appartengono all’ubbidienza della fede.

L’epistola è sempre stata ammirata per l’eleganza dello stile in cui è scritta, essendo superiore in questo aspetto agli altri scritti del Nuovo Testamento.

2. Prima Pietro

Pietro si rivolge in parte agli stessi discepoli a cui Giacomo scrive. Sono “forestieri dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, nell’Asia e nella Bitinia” 1Pietro 1:1. Queste erano le province settentrionali e occidentali di quello che adesso chiamiamo la Turchia, ed erano incluse nella dispersione più generale menzionata da Giacomo. Le province furono evangelizzate da Paolo e dai suoi colleghi. Lo scopo principale dell’epistola è simile a quello di Giacomo, cioè di incoraggiare questi fratelli a sopportare la persecuzione che stavano subendo, e per prepararli alle persecuzioni future. Il sentimento dell’epistola rivela una maturità di carattere cristiano che rende Pietro diverso da come è descritto nei Vangeli. Qualcuno che lo conosceva solo dai Vangeli lo riconoscerebbe a stento; questo fatto è una forte evidenza della potenza trasformatrice di una vita cristiana.

3. Seconda Pietro

In questa epistola l’apostolo si rivolge alle stesse persone, e per lo più con lo stesso scopo 2Pietro 3:1-2. È notevole soprattutto per due predizioni che contiene, la prima nel secondo capitolo riguardo ai falsi insegnanti che sarebbero venuti nella chiesa, e la seconda, nel terzo capitolo, tratta la venuta di Cristo in giudizio e la distruzione del cielo e della terra attuali.

Molti scrittori, sia antichi, sia moderni, hanno espresso dubbi sulla genuinità di questa epistola, ma i loro ragionamenti non sono mai riusciti a convincere la maggioranza dei credenti. Dalla prima fino all’ultima parola è degna della penna di un apostolo, e nessuna epistola più positivamente afferma chi è il suo autore.

4. Prima Giovanni

Questa epistola non è rivolta ad un gruppo particolare di discepoli, e quindi nel senso più stretto è cattolica o generale. Dopo il primo paragrafo, in cui lo scrittore spiega in modo enfatico la pienezza della testimonianza apostolica alla risurrezione di Gesù, l’epistola è piena di esortazioni ad evitare il peccato e di amarsi l’uno l’altro. Il dovere di amare è qui più ripetuto che in qualsiasi altra porzione del Nuovo Testamento, e questo ha portato alcuni a descrivere Giovanni come ‘apostolo dell’amore’. Era evidentemente molto vecchio quando la scrisse, perché si rivolge a tutti i discepoli, di qualsiasi età, come “figlioli” e “figlioli miei” 1Giovanni 2:1,12,13,18,28; 3:7,18; 4:4; 5:21. Ciò mette l’epistola fra gli ultimi libri del Nuovo Testamento, ma non è possibile fissare la sua data con più precisione. C’è qualche incertezza se fu scritta prima o dopo il Vangelo secondo Giovanni.

5. Seconda Giovanni

In questa breve nota, lo scrittore si designa con il titolo “l’anziano” 2Giovanni 1. Un uomo, per essere conosciuto con questo titolo, doveva essere noto per un’età avanzata oltre quella degli altri con cui era associato. Giovanni sopravvisse per molti anni su tutti gli altri apostoli, e probabilmente prima della sua morte era il più vecchio membro della chiesa. Per questo motivo tutti l’avrebbero naturalmente riconosciuto con questo titolo, soprattutto gli amici più intimi. La persona principale a cui fu rivolta questa nota, “la Signora eletta” 2Giovanni 1), era una signora non solo nel senso generale, ma era un’aristocratica. Questa è il significato della parola greca (kuria) tradotta signora.

Siccome questa signora e i suoi figli avevano anche un grande zelo e ospitalità, uomini corrotti cercavano la sua ospitalità, per poter sfruttare il fatto di essere stato il suo ospite e per poi imporsi su gli altri. Lo scopo principale di questa epistola era di avvertirla di questa possibilità. L’apostolo si aspettava di andarla a trovare fra breve, e questo spiega la brevità dell’epistola. Fra parentesi, apprendiamo che l’epistola non fu scritta su pergamena ma su carta. Probabilmente fu presto copiata su un materiale più duraturo, altrimenti sarebbe perita.

6. Terza Giovanni

Un’altra breve nota dall’anziano 3Giovanni 1, indirizzata ad un fratello chiamato Gaio, che sembra essere noto nella chiesa quanto la Signora eletta della seconda epistola 2Giovanni 1, e per le stesse eccellenti qualità. Era particolarmente bravo a “provvedere al viaggio” dei fratelli che passavano da lui andando a campi distanti 3Giovanni 6. Lo scopo dell’epistola era di complimentarlo per questo, e per avvertirlo di un certo Diotrefe, che “aspira di avere il primato” 3Giovanni 9, e che si era opposto anche all’autorità dell’apostolo. Fa capire a Gaio che tratterà questo reprobo secondo quello che merita quando visita quella chiesa 3Giovanni 10. Ha molto da dire a Gaio, come pure alla signora eletta, ma lo rimanda fino a quando potrà parlare “faccia a faccia” 3Giovanni 14.

Queste due note personali sono di grande valore in quanto rivelano i rapporti amorevoli esistenti fra l’apostolo anziano e i suoi colleghi fedeli, sia uomini sia donne, ed anche la condotta ingiusta di uomini non convertiti che erano entrati nella chiesa. Quest’ultimo fatto dovrebbe impedirci di essere sorpreso o scoraggiato quando vediamo la stessa cosa adesso.

7. Giuda

L’autore si chiama “il fratello di Giacomo” Giuda 1, e gli studiosi adesso credono che volesse dire il fratello di quel Giacomo che era un fratello del Signore. Se era così, era anche un fratello del Signore, ma siccome il Signore era asceso in cielo, era più giusto chiamarsi fratello di Giacomo che fratello di Gesù. Dichiara che lo scopo della sua epistola era di esortare i fratelli a combattere strenuamente per la fede trasmessa ai santi una volta per sempre, dato il fatto che molti uomini malvagi erano entrati nella chiesa e che corrompevano la fede e la moralità dei fratelli. Le sue denunce su queste persone ci ricorda di denunce simili di uomini malvagi fatte dai profeti dell’Antico Testamento, e di quelle del nostro Signore agli scribi e ai farisei ipocriti. Somigliano ancora di più al secondo capitolo di 2Pietro. Ricorda ai fratelli che gli apostoli avevano predetto la comparsa di tali persone, e che la loro venuta non doveva quindi essere una sorpresa. Conclude con una benedizione che è una delle più belle tra tutti i libri.

8. L’apocalisse

La parola “apocalisse” vuol dire rivelazione. Infatti il titolo che l’autore dà al suo libro, trovato nel primo versetto, è “Rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli diede per mostrare ai suoi servi le cose che devono avvenire tra breve, e che egli ha fatto conoscere mandando il suo angelo al suo servo Giovanni. Lui ha attestato come parola di Dio e testimonianza di Gesù Cristo tutto ciò che ha visto” Apocalisse 1:1-2. Siccome aveva lo scopo di mostrare le cose che dovevano “avvenire tra breve”, il suo contenuto deve essere per lo più profetico.

Questo titolo completo è seguito da un saluto alle “sette chiese di Asia” Apocalisse 1:4, simile al saluto solito delle epistole, e poi da una dossologia. La parte principale del libro apre con il racconto della visione di Giovanni sull’isola di Patmo del Signore Gesù in gloria. Il Signore gli comanda di scrivere quello che detta, e seguono sette brevi epistole dal Signore alle sette chiese di Asia. La parola Asia significa la provincia romana di cui Efeso era il capoluogo. Guardando un atlante biblico, il lettore troverà le sette città in cui queste chiese si trovavano, che formavano quasi un cerchio. Se questo libro fu scritto nel 96 all’incirca, come Ireneo afferma nel secondo secolo, Gesù era andato in cielo circa 62 anni prima, e queste chiese esistevano da quasi 40 anni. (Però, alcuni studiosi credono che Apocalisse risalga al 68 d.C., poco dopo la persecuzione di Nerone e durante la prima parte della guerra giudea, che si conclude con la caduta di Gerusalemme nel 70 d.C. Ciò renderebbe l’Apocalisse il primo libro di Giovanni.) Dopo l’esperienza di questo lungo periodo il Signore dettò una lettera ad ogni chiesa per fargli sapere quello che pensava della loro condotta, e per dare avvertimenti ed esortazioni per il futuro. Quando l’epistola fu letta pubblicamente in ogni chiesa, doveva essere un’occasione indimenticabile. Leggendo queste sette epistole dobbiamo pensare anche alla nostra chiesa, e quando le condizioni sono simili dovremmo sentire gli stessi ammonimenti e raccomandazioni.

Dopo aver scritto le parole delle sette epistole ricevute dal Signore, Giovanni vide una porta aperta in cielo, e all’invito di una voce ci entrò, e ebbe una visione della gloria di Dio più trascendente di qualsiasi altra data ad un profeta o ad un apostolo prima. Poi seguì una visione di un libro sigillato con sette sigilli, che nessuno in cielo era degno di aprire tranne “il leone della tribù di Giuda” Apocalisse 5:5, un titolo noto del nostro Signore Gesù Cristo. Quando prese il libro nella sua mano, grande gloria gli fu ascritta da tutti gli abitanti del cielo, e mentre apriva i sette sigilli seguirono dopo ogni sigillo una visione simbolica di qualcosa che sarebbe successo sulla terra Apocalisse 4:1-7:17. Quando il settimo sigillo fu aperto sette angeli apparvero con sette trombe. Suonarono le loro trombe una dopo l’altra, e seguirono sette altri eventi Apocalisse 8:1-9:19. Il resto del libro Apocalisse 12:1-22:21 è riempito da una serie di visioni diverse e elaborate che concludono con una visione dell’ultimo giudizio e della nuova Gerusalemme dove i santi abiteranno nella presenza di Dio per sempre. Così la Bibbia, che inizia con una visione della creazione degli attuali cielo e terra, in cui è nato il peccato e il Redentore dal peccato, chiude con una visione di un nuovo cielo e una nuova terra dove i redenti dal peccato di ogni nazione, famiglia e lingua abiteranno per sempre in giustizia e felicità. La promessa ad Abraamo non è mai stata dimenticata da quando è stata annunciata in Ur dei Caldei, ed è ora adempiuta dalla benedizione che viene sulle persone di tutte le nazioni tramite il seme di Abraamo.

Appendice 1. Prime traduzioni delle Scritture
  1. Il Settuaginta (LXX) – traduzione dell’Antico Testamento in greco, iniziata nel 250 a.C. all’incirca
  2. Traduzioni di alcune porzioni dell’Antico Testamento in greco da Aquila e Teodozione, secondo secolo d.C.
  3. I Targum, traduzioni libere dell’Antico Testamento nella lingua comune, cioè l’aramaico, secondo secolo d.C.
  4. Vecchio italiano, Antico e Nuovo Testamenti, secondo secolo d.C., da cui venne la Vulgata di Girolamo, il testo usato spesso dalla Chiesa cattolica romana
  5. Una versione siriaca antica, secondo secolo
  6. Due versioni egiziane in diversi dialetti, terzo secolo
  7. Versione siriaca peschitta, quarto secolo
  8. Versione gotica, quarto secolo
  9. Versione etiopica, quarto secolo
  10. Versione armena, quinto secolo

 

Appendice 2. Libri apocrifi o deuterocanonici

In aggiunta ai libri riconosciuti dai Protestanti come canonici che compongono la Bibbia, ci sono altri libri che ebbero origine nel periodo che va dalla fine del tempo di Malachia fino all’era cristiana. Sono chiamati i libri apocrifi o deuterocanonici dell’Antico Testamento, e mentre la Chiesa cattolica romana li include nel canone, e molti Protestanti credono che siano utili da leggere, il loro valore è chiaramente minore rispetto a quello degli altri libri. Sono:

  • Primo Maccabei
  • Secondo Maccabei
  • Giuditta
  • Tobia
  • La sapienza di Salomone
  • Siracide (o Sapienza di Gesù Ben-Sirac o Ecclesiastico)
  • Baruc
  • L’epistola di Geremia
  • Il cantico dei tre giovani, Susanna, Bel e il drago (aggiunte al libro di Daniele)
  • Aggiunte al libro di Ester

Una simile classe di letteratura è apparsa dopo la scrittura del Nuovo Testamento. Fra i libri di questa classe possiamo nominare:

  • I Vangeli apocrifi
  • Il pastore di Erme
  • Le epistole di Clemente ai Corinzi
  • L’epistola di Barnaba
  • Paolo e Tecala